ROMA (WSI) – Il problema principale per Draghi si chiama sempre deflazione: l’inflazione, scesa allo 0,7% in Eurozona, è di gran lunga sotto soglia europea.
La minaccia di una deflazione è sempre più reale proprio nei Paesi più indebitati che meno possono permetterselo.
A gennaio si è verificato un nuovo e inatteso indebolimento dell’inflazione nell’area euro. Lo 0,7% della stima preliminare diffusa da Eurostat è lontano anni luce dalla soglia del 2% fissata dalle autorità.
In dicembre aveva segnato un risultato di 0,8% dopo lo 0,7% di novembre. Gli economisti sottolineano che probabilmente sono stati i prezzi energetici a tenere alta la percentuale e che l’inflazione core è invece aumentata di poco.
La maggior parte degli osservatori è convinta che la Bce non farà fuoco utilizzando le poche cartucce che rimangono a disposizione nel suo bazooka di allentamento monetario.
Con prezzi così bassi, Draghi non si può permettere di abbassare ulteriormente i tassi – per lo meno non alla prossima riunione di politica monetaria – anche se una manovra di questo tipo contribuirebbe a indebolire l’euro ancora molto forte nei confronti delle principali valute rivali.
Il trend mette ulteriormente pressione sulla Bce e alimenta i timori sui rischi di deflazione, con l’indice che si allontana sempre più da quello che la banca centrale definisce come “stabilità dei prezzi”: inflazione inferiore ma vicina al 2% annuo.
Il dato di oggi poi va nella direzione opposta a quella attesa dagli analisti, che in media stimavano un leggero recupero dell’inflazione allo 0,9%.
I rendimenti sui due anni tedeschi sono scesi ai minimi da novembre ieri, dopo che l’inflazione in Germania è risultata inferiore alle attese. I numeri sono la prova che i prezzi al consumo nella regione del blocco a 18 sono sotto presisone.
A sorpresa il presidente dell’istituto di Francoforte ha abbassato il costo del denaro allo 0,25% a novembre, quando l’inflazione era allo 0,7%.
“Anche se le prospettive di crescita stanno migliorando nell’area euro, i problemi persistenti nel settore bancario, manifestatisi nella contrazione del credito, continueranno a agire come un freno alla crescita e all’inflazione”, ha dichiarato a ‘Bloomberg’ Colin Bermingham, economista di BNP Paribas.
Questo non fa che aumentare ancora di pìu le pressioni su Draghi e il comitato di politica monetaria della Bce.