L’Istat ha comunicato che l’inflazione di giugno cala al 6,4% rispetto al 7,6% di maggio. Questo dato risulterebbe essere una netta decelerazione, che al momento risulta essere influenzata in maniera pesante dalla dinamica dei prezzi energetici, che sono in forte calo.
Al netto degli energetici e degli alimentari freschi, anche l’inflazione di fondo ha rallentato, passando da +6,0% a + 5,6%. Continua, inoltre, il rallentamento della crescita tendenziale dei prezzi del carrello della spesa, che a giugno è risultato essere pari ad un +10,5%.
Inflazione in calo a giugno
Nel corso del mese di giugno 2023 risulta essere in calo l’inflazione. Secondo le stime dell’Istat, l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività (ossia il NIC), al lordo dei tabacchi, ha registrato una variazione sostanzialmente nulla su base mensile, mentre è stato registrato un aumento del 6,4% su base annua. Percentuale migliore rispetto al +7,6% registrato nel corso del mese di maggio. È stata confermata la stima preliminare.
Il tasso di inflazione ha registrato una decelerazione grazie al rallentamento su base tendenziale dei prezzi dei beni energetici non regolamentati, che sono passati da +20,3% a +8,4% e in misura minore:
- dagli alimentari non lavorati, che sono passati da +13,2% a +11,5%;
- dai servizi relativi ai trasporti, che sono passati da +5,6% a +4,7%;
- dagli energetici regolamentati, la cui percentuale è passata da -28,5% a -29,0%.
È arrivato, invece, un sostegno alla dinamica dell’indice generale derivante dai rialzi dei prezzi degli alimentari non lavorati (da +8,8% a +9,4%).
Per quanto riguarda l’inflazione di fondo – che è al netto degli energetici e degli alimentari freschi – ha rallentato ulteriormente, passando da un +6,0% ad un +5,6%. Discorso simile per quella al netto dei soli beni energetici, che è passata da +6,2% registrato a maggio a +5,8%.
L’Istat ha messo in evidenza che è si è attenuata la crescita su base annua dei beni, che sono passati da +9,3% a +7,5% e in misura minore quella dei servizi, che è scesa da +4,6% a +4,5%: questo ha portato il differenziale inflazionistico tra il comparto dei servizi e quello dei beni a -3,0 punti percentuali, da -4,7 di maggio.
L’inflazione acquisita per il 2023 è pari a +5,6% per l’indice generale e a +4,9% per la componente di fondo. L’indice armonizzato dei prezzi al consumo (IPCA) aumenta dello 0,1% su base mensile e del 6,7% su base annua (in netta decelerazione da +8,0% di maggio); confermata dunque la stima preliminare. L’indice nazionale dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati (FOI), al netto dei tabacchi, registra una variazione congiunturale nulla e un aumento del 6,0% su base annua.
A giugno l’inflazione mostra una netta decelerazione, in un quadro di stabilità dei prezzi sul piano congiunturale (l’ultima variazione nulla su base mensile si era registrata a maggio 2021) – ha commentato l’Istat -. Il rallentamento dell’inflazione continua a essere fortemente influenzato dalla dinamica dei prezzi dei Beni energetici, in particolare della componente non regolamentata, in apprezzabile calo rispetto a maggio. Nel settore alimentare, l’ulteriore frenata del ritmo di crescita su base annua dei prezzi dei prodotti lavorati contribuisce alla decelerazione dell’inflazione di fondo (scesa a +5,6%). Prosegue, infine, la fase di rallentamento della crescita tendenziale dei prezzi del “carrello della spesa”, che a giugno è pari a +10,5%.
I commenti
Secondo l’Unione nazionale Consumatori, è un bene il calo dell’inflazione, ma non basta.
Il rallentamento dell’inflazione procede troppo a rilento dopo il ribasso del costo dell’energia che oramai dura da gennaio, oltre 6 mesi fa, e i ripetuti interventi della Bce. Una riduzione insoddisfacente, che lascia l’amaro in bocca. Ci troviamo, insomma, di fronte al solito problema della doppia velocità: le imprese sono subito pronte ad alzare i prezzi non appena salgono i costi di produzione ma ben più lente a farli scendere quando si inverte la rotta – afferma Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori -. Per una coppia con due figli, il +6,4% significa una stangata pari a 1834 euro su base annua, di questi ben 846 servono solo per far fronte ai rincari dell’11% di cibo e bevande. Per una coppia con 1 figlio, la spesa aggiuntiva annua è pari a 1673 euro, 764 per mangiare e bere. In media per una famiglia la mazzata è di 1390 euro, 620 per prodotti alimentari e bevande analcoliche. Il primato alle famiglie numerose con più di 3 figli, gli unici ad avere ancora una batosta superiore a 2000 euro, 2068 per la precisione, 1010 solo per nutrirsi e dissetarsi.
Sulla stessa lunghezza d’onda vi è il Codacons, che aggiunge:
La frenata dell’inflazione è una buona notizia per i consumatori e per l’economia italiana, ma il dato come rileva anche l’Istat è nettamente influenzato dall’andamento dei beni energetici e, per alcuni settori come alimentari e trasporti, i listini continuano a mantenersi su livelli elevatissimi. La decelerazione dell’inflazione al 6,4% equivale ad una maggiore spesa annua pari a +1.872 euro per la famiglia “tipo”, +2.425 euro per un nucleo con due figli. La discesa delle bollette, specie sul mercato libero, ha influito in modo non indifferente sul tasso d’inflazione, ma non tutti i settori beneficiano di tali positivi effetti: gli alimentari, ad esempio, registrano a giugno un aumento annuo dei prezzi ancora molto elevato, +11%.