Il contagio è avvenuto. Non quello del Covid-19 che in questo inizio di primavera sembra finalmente attenuare la sua morsa, ma il contagio da inflazione. Dapprima si sono mossi al rialzo i costi delle materie prime, come il gas e il petrolio, e i prezzi alla produzione. Poi l’aumento si è trasferito nelle bollette dell’energia e nei beni che acquistiamo ogni giorno al supermercato.
Le rilevazioni più recenti sui prezzi al consumo destano preoccupazione. La fiammella è diventata fuoco e ora, per evitare che si tramuti in un incendio, sono arrivati i pompieri: Bank of England, Federal Reserve e Banca centrale europea. La prima ha già aperto la bocchetta del rialzo dei tassi di interesse, la seconda si accinge a farlo, la terza è più riottosa ma lo farà, deve solo decidere quando.
Inflazione, una tassa sui risparmiatori
In questo scenario si devono muovere i risparmiatori e di quello che sarebbe meglio fare o non fare WSI ha parlato con Alessandro Gandolfi, managing director ed head of Italy di Pimco, durante la trasmissione Smart Talk. Il manager di Pimco, asset manager specializzato nel reddito fisso, ha introdotto il tema con un’efficace spiegazione di come funziona l’inflazione:
“L’inflazione agisce come una tassa sulla liquidità, in quanto riduce la nostra capacità di comprare beni e servizi con il trascorrere del tempo. Infatti, più il tempo passa, più il prezzo di ciò che desideriamo o dobbiamo comprare aumenta, riducendo la nostra possibilità di spesa”.
Il secondo passaggio, nella spiegazione di Gandolfi, è servito a chiarire il legame che esiste tra liquidità e risparmio:
“Il risparmio, secondo la definizione che ne danno gli economisti, è un consumo ritardato, cioè un rimandare al domani un consumo che potremmo fare oggi. Ma con l’inflazione, il consumo rimandato ci costerà di più. Ecco perché l’inflazione non è solo una tassa sulla liquidità ma anche una tassa sul risparmio”.
Inflazione, le linee di difesa
La prima linea di difesa: azione. Ma allora come ci si difende? Meglio acquistare tutto subito in maniera da evitare di pagare di più i prodotti in seguito? Non è così, anche perché, in un’ipotesi del tutto remota, se tutti agissero in questo modo, la salita dei prezzi sarebbe ancora più forte.
In realtà risparmiare quando c’è l’inflazione si può e si deve, ma bisogna farlo bene. E gli italiani ancora sembrano non averlo capito. Ammontano a 1.834 i miliardi di euro accumulati dagli italiani nei depositi bancari, secondo le rilevazioni Abi di gennaio 2022. Depositi che rendono poco o nulla (0,3% in media sempre secondo l’Associazione bancaria italiana). Considerando i costi dei conti correnti e l’inflazione, sono risparmi destinati a perdere valore.
“Se immaginiamo di avere 100.000 euro su un conto corrente con un tasso di inflazione del 6% – è l’esemplificazione proposta da Gandolfi – vuol dire che in un anno avremo circa 6.000 euro in meno in quanto a valore reale”.
Su 1.834 miliardi di euro il conto è presto fatto: poco più di 110 miliardi di euro. Più di tre manovre finanziarie 2022 del governo (32 miliardi di euro). La prima linea di difesa per i risparmiatori è quindi evitare di lasciare i soldi fermi nel conto corrente.
“Restare fermi oggi non è più un’opzione – ha proseguito Gandolfi – perché ora detenere liquidità ha un costo. La strada corretta è cercare di individuare quali possano essere le opportunità che ci sono sui mercati”.
La seconda linea di difesa: pianificazione. Si potrebbe dire che la miglior difesa è l’attacco, purché sia condotto nella maniera corretta. Ovvero muovere i propri risparmi sul mercato, metterli al lavoro. Oggi è più difficile di ieri farlo, come ha spiegato il manager di Pimco:
“Gli investitori devono essere consapevoli che stiamo vivendo in un periodo di incertezza estrema. Incertezza su come l’economia reagirà a questa situazione. Incertezza sulle risposte dei policy maker e delle banche centrali, ossia fino a che punto saranno disposti a correre il rischio di portare l’economia mondiale in recessione per tenere sotto controllo le aspettative di inflazione. Incertezza sul valore degli attivi finanziari”.
Di fronte a tutte queste incertezze quale può essere la risposta? Secondo Gandolfi
“ritornare a una pianificazione nella costruzione del portafoglio. Non è più il tempo di seguire mode, trend o storie interessanti. Ora è necessario capire quanto il proprio portafoglio di investimento sia strutturato per resistere o quanto meno mitigare l’impatto di un’inflazione elevata e più prolungata di quanto ci si attenda. Di conseguenza bisogna iniziare a chiedersi se nel portafoglio siano presenti attivi reali, come per esempio obbligazioni legate all’inflazione, materie prime, titoli del mercato immobiliare, private asset. Sono tutte opzioni di investimento che, proprio perché l’inflazione è stata assente per quasi dieci anni, oggi non sono presenti nei portafogli o lo sono in minima quantità. Iniziare a ricostruire posizioni su questi asset secondo noi è importante in quanto serve a diversificare il portafoglio”.
La terza linea di difesa: diversificazione. Una delle caratteristiche dei mercati finanziari degli anni prima del ritorno dell’inflazione, è stata la presenza di una correlazione elevata tra obbligazioni e azioni, cosa che rendeva più difficile diversificare gli investimenti. Ora che i rendimenti dei bond tornano a crescere ci sarà la possibilità di tornare su una asset class che in Italia è sempre stata molto amata e sulla quale Pimco è specializzata, il reddito fisso.
“La correlazione molto alta che si era instaurata tra obbligazioni e azioni tenderà a ritornare a un livello di maggiore normalità – ha spiegato Gandolfi – e ci sarà più possibilità di scegliere se investire su attivi più rischiosi, come le azioni, o attivi meno rischiosi come le obbligazioni, che offrono rendimenti più bassi ma che non sono più a zero. È la fine di quella che, con un termine secondo me poco felice, è stata chiamata Tina (there is not alternative, non c’è alternativa). Oggi l’alternativa alle azioni c’è e gli investitori devono esserne consapevoli. Questo non significa guardare solo ai titoli più tradizionali, come i governativi. Bisogna allargare lo spettro e guardare al mondo intero, ad esempio ai paesi emergenti che stanno uscendo molto bene dalla crisi e nei quali gli investitori hanno investito poco negli ultimi anni. O al settore bancario, che con i tassi più elevati può tornare a fare redditività sui margini. O ancora a settori legati alle materie prime o al real estate e ai private asset”.
Questi ultimi, tuttavia, sono investimenti che necessitano di essere maneggiati da mani esperte, come lo stesso managing director di Pimco ha sottolineato:
“Pensiamo che gli investitori, anche privati, debbano iniziare a guardare a questi settori, ma è necessaria un’attenta selezione perché sono asset che non hanno il ‘termometro’. Quando compro un fondo comune, ogni giorno so quale è la sua quotazione e quindi so se il mio portafoglio è stabile a fronte di ciò che sta succedendo nei mercati finanziari. Quando compro un private asset, invece, non posso verificare ogni giorno la sua quotazione e quindi, nella selezione, devo affidarmi alla capacità di un professionista che sappia valutarlo. Il rapporto di fiducia tra investitore e consulente diventa, in questo frangente, ancora più forte e importante”.
La quarta linea di difesa: gestione attiva. È l’ultimo fattore, ma non per questo meno importante degli altri, nella strategia di difesa del risparmio dall’inflazione. Lo ha sottolineato Gandolfi:
“Ci troviamo a un punto di svolta, con tutte le incertezze che ne derivano, e diventa sempre più complicato fare da soli. L’investimento ‘fai da te’ per essere vincente ha bisogno di trend stabili e tendenzialmente rialzisti, perché chi assume posizioni corte sui mercati finanziari di solito ha un profilo professionale e più speculativo. Trend stabile al rialzo è proprio quello che abbiamo avuto fino all’ultima parte dello scorso anno, quando ogni correzione veniva immancabilmente seguita da nuovi rialzi. In quello scenario l’obiettivo degli investitori è pagare meno commissioni. Oggi non è più così. Quando il ciclo cambia tutto diventa più difficile. Diventa difficile cogliere le opportunità ma anche valutare e gestire i rischi. Ecco perché affidarsi a una gestione professionale attiva è in questo momento una scelta ragionevole.”
L’articolo integrale è stato pubblicato sul numero di marzo del magazine Wall Street Italia.