Economia

Inflazione in calo, quale impatto sui mutui?

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A marzo l’inflazione in Italia ha registrato un marcato rallentamento, che lascia ben sperare per una progressiva riduzione delle pressioni sui prezzi, con effetti positivi sul costo della vita per i consumatori.

La frenata dell’inflazione, nel medio termine, può avere un impatto favorevole anche sulle rate dei mutui, ma probabilmente non nell’immediato.

Vediamo perché.

L’inflazione rallenta al 7,7% annuo a marzo

Secondo le stime preliminari dell’Istat, a marzo è proseguita la fase di rapido rientro dell’inflazione, guidata dalla dinamica dei prezzi dei beni energetici.

Nel dettaglio, l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività (NIC), al lordo dei tabacchi, ha registrato una diminuzione dello 0,3% su base mensile e un aumento del 7,7% su base annua, da +9,1% del mese precedente.

Il ribasso dell’inflazione è dovuto ancora una volta unicamente alla discesa delle tariffe di luce e gas sul mercato tutelato (da -16,4% a -20,4%) e su quello libero (da +40,8% a +18,9%), ma per tutti gli altri prodotti siamo ancora in presenza di una emergenza prezzi, con il carrello della spesa che sale del 12,7% su anno. L’inflazione al 7,7% equivale ad una maggiore spesa pari a +2.252 euro annui per la famiglia “tipo”.

L’inflazione spinge i tassi al rialzo

La corsa dell’inflazione ha spinto le banche centrali ad abbandonare la politica monetaria ultra-espansiva degli ultimi anni. A partire dal 2022, i principali istituti mondiali hanno cominciato ad alzare i rispettivi tassi di riferimento, avviando cicli restrittivi finalizzati a raffreddare l’aumento dei prezzi.

Attualmente, il tasso sulle operazioni di rifinanziamento principali della Bce si attesta al 3,5%, rispetto allo 0,0% di giugno 2022, e le prospettive indicano almeno altri due ritocchi da 25 punti base nelle prossime riunioni. Questo tasso indica l’interesse corrisposto dalle banche quando assumono prestiti dalla banca centrale, per la durata di una settimana, fornendo determinati asset come garanzia.

Il rialzo dei tassi di riferimento comporta un innalzamento a cascata del costo del denaro, facendo aumentare anche i tassi applicati dalle banche quando erogano prestiti a famiglie e imprese.

L’impatto sui tassi dei mutui

Il tasso finale applicato ai mutui dipende principalmente da due componenti, un tasso di riferimento e uno spread. Quest’ultimo dipende dalla banca, dal mercato e dalle caratteristiche di chi contrae il mutuo (anagrafica, reddito, garanzie, etc.), mentre il riferimento cambia a seconda che il mutuo sia a tasso fisso o variabile: nel primo caso è l’Eurirs, nel secondo è l’Euribor.

Entrambi i tassi hanno una stretta dipendenza dai tassi di riferimento della Bce, i cui aumenti (o l’aspettativa di nuovi incrementi) si trasferiscono in buona parte anche su Euribor ed Eurirs, determinando rate più onerose per i contraenti dei prestiti.

Secondo le stime delle principali associazioni per i consumatori, un aumento dei tassi di 50 punti base da parte della Bce si traduce, nel caso di un pieno trasferimento sull’Euribor, in un rialzo compreso fra 30 e 40 euro al mese, oltre 400 euro all’anno in termini di aumento delle rate.

L’inflazione UE e le prossime mosse della Bce

Al momento è difficile fare previsioni attendibili sulle prossime mosse della Bce, ma diversi membri del Consiglio Direttivo hanno sottolineato la necessità di alzare ulteriormente i tassi per continuare la lotta all’inflazione. A marzo, l’indice dei prezzi al consumo dell’eurozona ha registrato una considerevole frenata, dall’8,5% al 6,9%, ma il dato core ha accelerato al 5,7%, alimentando la prospettiva di nuove strette da parte della banca centrale.

In ogni caso, una volta raggiunto il picco, è probabile che il costo del denaro venga mantenuto su livelli restrittivi per un certo periodo di tempo, necessario affinché gli effetti della politica monetaria si trasmettano in maniera strutturale sull’economia reale. Nei giorni scorsi il membro Bce Villeroy ha sottolineato un “impatto abbastanza potente” ancora inespresso dai precedenti aumenti dei tassi, che richiedono da uno a due anni per avere effetto.

Buone notizie (ma con riserva)

Il parziale rallentamento dei prezzi, pertanto, è sicuramente una notizia positiva ma con molte riserve. Innanzitutto perché l’inflazione resta persistentemente elevata e ben al di sopra dei target, con molte componenti ancora in forte rialzo. In secondo luogo, perché ci vorrà tempo per raccogliere prove (dati) sufficienti a giustificare un allentamento della politica monetaria restrittiva.

In ogni caso, è possibile che le banche europee decidano di varare delle misure per alleviare il rialzo dei tassi sui mutuatari ed evitare problemi ai debitori. Come sottolineato da Christine Lagarde, presidente della Bce, molti istituti potrebbero infatti rinegoziare perché “è nel loro interesse non avere crediti non pagati nei loro bilanci”.