Economia

Inflazione, perché gli italiani sono tra i più penalizzati dell’Eurozona

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61 miliardi e 542 milioni. Di tanto è calato, tra dicembre 2021 e marzo 2023, il saldo totale dei conti correnti di famiglie e imprese italiane secondo un’elaborazione Fabi su dati di Banca d’Italia, principalmente per far fronte al rincaro di prezzi e finanziamentiMentre il rialzo dei tassi di interesse è attribuibile alla BCE, l’inflazione ha forse bisogno di una disamina più approfondita per essere spiegata, dal momento che condiziona anche le stesse scelte di politica monetaria dell’Eurotower.

Soprattutto considerando che, secondo le rilevazioni Eurostat ferme a maggio 2023, l’Italia si posiziona con un +8%, ottava nella classifica dell’inflazione dei 20 Paesi dell’Eurozona, dietro a Estonia, Lettonia, Slovacchia, Lituania, Austria, Croazia e Slovenia e ben sopra la media di 6,1%. Quali sono i motivi?

Perché è importante capire i motivi per cui l’Italia è sul podio dell’inflazione

Sebbene i dati preliminari di giugno abbiano rimescolato i posizionamenti del podio e fatto tirare un sospiro di sollievo agli italiani per il calo sostenuto (a 6,7%), la battaglia contro il caro prezzi non è ancora vinta e, anzi, l’obiettivo del 2% appare ben lontano, tanto da far vacillare la Banca Centrale Europea sul numero dei prossimi rialzi dei tassi. Indagare i motivi per cui l’Italia continua a correre sulla locomotiva dei Paesi che trainano l’inflazione in Eurozona può servire a spiegare l’inflazione stessa. Il contesto nazionale può infatti influenzarne il tasso e comprende la politica del Governo in carica, le vicende geopolitiche, gli interventi di natura fiscale e persino condizioni meteorologiche estreme, fattore tristemente noto in Italia.

I fattori che determinano il tasso di inflazione in Italia

Ricordiamo che in Italia il calcolo dell’inflazione è affidato all’Istat (Istituto nazionale di statistica) sulla base della variazione mensile dei prezzi di un paniere di beni e servizi che può variare di anno in anno in base alle abitudini di consumo degli italiani.

Per la misura dell’inflazione nazionale, l’Istat produce l’indice NIC (indice dei prezzi al consumo per l’intera collettività), nel quale si considerano beni e servizi divisi in 12 categorie di spesa:

  • Prodotti alimentari e bevande analcoliche
  • Tabacchi e bevande alcoliche
  • Abbigliamento e calzature
  • Abitazione, acqua, elettricità e combustibili
  • Mobili, articoli e servizi per la casa
  • Servizi sanitari e spese per la salute
  • Trasporti
  • Comunicazioni
  • Spettacoli e cultura
  • Istruzione
  • Servizi ricettivi e ristorazione
  • Altri beni e servizi

Meteo avverso e rincari materie prime

In merito al dato preliminare di giugno 2023, l’Istat ha sottolineato il rialzo dei prezzi degli alimentari non lavorati (da +8,8% a +9,6%), indicando un carrello della spesa salato che continua a mettere a dieta forzata il Belpaese. Questo potrebbe essere dovuto al fatto che il maltempo che ha flagellato l’Emilia-Romagna sta già facendo sentire i suoi effetti sulle materie prime agricole prodotte nella zona e che i prodotti grezzi importati dall’estero sono più cari. Germania, Francia e Cina sono i tre Paesi da cui l’Italia importa di più, mentre in cima alla classifica dei principali prodotti importati troviamo i prodotti chimici di base, fertilizzanti e composti azotati, materie plastiche e gomma sintetica in forme primarie; petrolio greggio e gas naturale; metalli di base preziosi e altri metalli non ferrosi; combustibili nucleari.

Aumento dei costi di produzione

Se i prezzi delle materie prime utilizzate nella produzione aumentano significativamente, le imprese potrebbero trasferire questi aumenti di costo ai consumatori attraverso prezzi più alti.

Quanto al costo del lavoro, l’Italia, oltre a non prevedere ancora il salario minimo, è “maglia nera” per i salari tra le grandi economie avanzate del pianeta, secondo la fotografia scattata dall’Ocse nell’ultimo rapporto sulle Prospettive dell’Occupazione 2023, ma ciò non significa necessariamente che alle aziende i dipendenti costino poco. Motivo per cui la riforma del lavoro del Governo guidato da Meloni ha introdotto come cavallo di battaglia proprio l’abbattimento del cuneo fiscale.

Situazione economica

La crescita economica, l’occupazione e la produttività influenzano l’inflazione. Il fatto che l’economia italiana stia sorprendendo al rialzo le aspettative in termini di crescita nonostante la produzione industriale sia ripartita a scoppio potrebbe mettere pressione sui prezzi (la domanda torna a prevalere sull’offerta) e contribuire a un aumento dell’inflazione.

Politiche fiscali

Anche le politiche fiscali adottate dal Governo italiano possono influenzare l’inflazione. Se il Governo spende più di quanto guadagna, può aumentare la domanda di beni e servizi e mettere pressione sui prezzi. Inoltre, se il Governo elargisce bonus e incentivi, ciò potrebbe influenzare il potere di spesa delle persone e quindi l’inflazione.

Effetto base

L’inflazione elevata sui biglietti dei voli aerei potrebbe essere presa d’esempio per spiegare l’effetto base: la ripresa post pandemica del turismo ha fatto segnare un vero e proprio boom del settore se confrontato con gli anni precedenti in cui, appunto, le persone erano bloccate in lockdown e impossibilitate a viaggiare. Stesso discorso vale per il caro spiaggia. Confrontare una base molto bassa con una situazione di ripresa potrebbe distorcere eccessivamente al rialzo il tasso di inflazione.

Export più remunerativo

L’Italia ha tradizionalmente avuto una bilancia commerciale in surplus, il che significa che è un Paese esportatore netto, esportando più beni e servizi di quanto importi, soprattutto nei settori della moda e del lusso, del design e dell’arredamento, dei macchinari industriali, delle automobili, dei prodotti enogastronomici e chimici e farmaceutici, solo per citarne alcuni. La combinazione di euro che sta percorrendo un trend di rafforzamento da ottobre dello scorso anno e saldo commerciale positivo nei primi 4 mesi del 2023, con un surplus di 5,8 miliardi di euro, potrebbe significare inflazione “importata” dal canale estero, cioè i beni tradizionalmente dedicati all’export vengono venduti a un prezzo più alto, sostenuto dalla maggior richiesta internazionale.