L’inflazione Usa ha chiuso il 2022 in un modesto calo, con i prezzi al consumo a dicembre che hanno registrato il loro più grande calo mensile dall’inizio della pandemia, ha riferito il Dipartimento del lavoro. L’indice dei prezzi al consumo, che misura il costo di un ampio paniere di beni e servizi, è sceso dello 0,1% nel mese, in linea con le stime.
Nonostante il calo, l’indice dei prezzi al consumo è salito del 6,5% rispetto a un anno fa, evidenziando l’onere persistente che l’aumento del costo della vita ha posto sulle famiglie statunitensi. Tuttavia, questo è stato il più piccolo aumento annuale dall’ottobre 2021. Escludendo la volatilità dei prezzi alimentari ed energetici, il cosiddetto CPI core è aumentato dello 0,3%, soddisfacendo anche le aspettative. L’indice core è cresciuto del 5,7% rispetto a un anno fa, ancora una volta in linea.
I mercati hanno reagito poco dopo la notizia, con le azioni leggermente in ribasso all’apertura e anche i rendimenti dei Treasury scesi per la maggior parte delle duration. Le azioni statunitensi sono in rialzo dopo che i dati hanno mostrato una moderazione dell’inflazione a dicembre. Il Dow Jones Industrial Average è salito dello 0,41%, mentre l’ S&P 500 è salito dello 0,2% e il Nasdaq Composite è salito dello 0,1%. Sandra Holdsworth, head of rates UK di Aegon Asset Management, ha commentato:
“I dati sull’inflazione negli Stati Uniti relativi al mese di dicembre 2022, per la prima volta dopo tanto tempo, si sono rivelati in linea con il consenso del mercato. L’inflazione headline è scesa ulteriormente, arrivando al 6,5%, mentre il tasso d’inflazione core è sceso al 5,7%. Il tasso principale ha toccato il suo picco del 9,1% nel giugno dello scorso anno, mentre il tasso core, solitamente attardato rispetto a quello principale, ha raggiunto il suo massimo al 6,6% nel settembre del 2022. Questi dati rafforzeranno il clima di fiducia: il peggio è ormai passato in termini di tassi d’inflazione. Pertanto, le banche centrali si stanno avvicinando alla fine dei loro cicli di rialzo. Non sorprende che i mercati obbligazionari e azionari abbiano accolto bene tali dati”.
Per Samy Chaar, Chief economist di Lombard Odier, sono tre le ragioni per cui l’inflazione statunitense sta rallentando:
- La domanda sta rallentando. L’aumento dei tassi d’interesse si ripercuote sull’economia, in particolare indebolendo la domanda di abitazioni. Questo porta a una contrazione degli investimenti residenziali;
- Le catene di approvvigionamento stanno migliorando. La riapertura della Cina, le consegne più rapide da parte dei fornitori (l’indice di consegna dei fornitori è salito al livello più alto da gennaio 2020) e la crescita delle scorte sono tutti elementi che indicano un miglioramento delle condizioni dell’offerta;
- I costi dell’energia sono in calo: questo è il fattore chiave.
Inflazione e tassi in Usa
Le previsioni fanno auspicare che la Federal Reserve smetterà di aumentare i tassi di interesse nel primo trimestre del 2023, ma si asterrà dal tagliarli per un periodo di tempo prolungato, per garantire una dinamica di crescita salariale contenuta. I mercati che prevedono tagli immediati dei tassi da parte della Fed già a giugno/luglio, subito dopo l’ultimo rialzo di marzo/aprile, sembrano in contrasto con il fatto che il Federal Open Market Committee vuole ancora condizioni finanziarie rigide per evitare un surriscaldamento del mercato del lavoro. Per Richard Flax, chief investment officer di Moneyfarm:
“L’inflazione di oggi, insieme ai dati sui salari non agricoli della scorsa settimana, farà sì che la Fed riconsideri il ritmo dei rialzi dei tassi, visto che si riunirà tra poche settimane. La pubblicazione dei dati odierni fa aumentare le probabilità di un aumento dei tassi dello 0,25% all’inizio del mese prossimo, un ulteriore passo indietro rispetto al precedente aumento dello 0,50%”.
Nonostante le prospettive di miglioramento dell’inflazione, il taglio dei tassi nel 2023 non rientra nei piani della Fed. Sono necessari ulteriori sforzi prima che l’economia possa tornare a un contesto più normale.