ROMA (WSI) – L’aumento della povertà che ha caratterizzato l’Italia negli ultimi anni, causa la crisi economica, poteva essere evitato. E’ quanto ha detto il presidente dell’Inps Tito Boeri, nel corso di un’audizione alla Commissione Affari sociali della Camera.
L’incremento di “un terzo” della povertà in sei anni “non era affatto inevitabile”, anche perchè “in altri Paesi con crisi comparabili” tale aumento non si è verificato. Il problema è che in Italia non esiste “un sistema di erogazione, trasferimenti alle famiglie in grado di contrastare efficacemente la povertà”.
Nei “sei anni” della crisi, ha sottolineato Boeri, le persone povere sono aumentate in Italia “da 11 a 15 milioni”, con la percentuale dei nuclei familiari “al di sotto” della “soglia di povertà che è salita dal 18 al 25%, aumentando dunque di un terzo”.
Di conseguenza, è “molto importante riflettere sull’eredità della crisi interminabile subita in questo paese” dove il “dato più grave è legato alla povertà”.
“E’ la povertà il problema centrale, molto più delle diseguaglianze tra i redditi in quanto tali”.
Boeri ha mostrato sostegno verso la decisione del governo Renzi di non restituire tutto quanto dovuto ai pensionati, dopo la sentenza della Corte Costituzionale sulla riforma Fornero. “Se il governo avesse impiegato 18 miliardi, il costo della sentenza della Consulta, per aumentare le pensioni, è chiaro che oggi la possibilità di adottare misure di contrasto alla povertà sarebbe stata molto più difficile”.
E “oggi in Italia la priorità è adottare misure di contrasto alla povertà”. Dunque, “tutte le risorse oggi disponibili devono andare alle fasce povere”.
Le proposte che arriveranno dall’Inps “parleranno principalmente di assistenza oltre che di previdenza, e in particolare dei nuovi poveri: la fascia dei 55-65 anni, di coloro che se perdono il lavoro poi non lo ritrovano. È un’emergenza sociale molto grave”, ha detto Boeri. “Entro il mese di giugno ci siamo impegnati a fornire risposte per l’asse assistenza-previdenza” e “vorremmo intervenire nella fascia critica tra i 55 e i 65 anni”: l’intervento è possibile, in quanto “possiamo farlo con risorse di cui oggi già si dispone”.
“Il problema centrale riguarda soprattutto le persone che hanno meno di 65 anni, è qui che abbiamo conosciuto l’aumento di povertà e manchiamo di strumenti di sostegno” quando queste persone perdono il lavoro.
Diverso il discorso sull’introduzione di “reddito minimo o di prestazione universale di contrasto alla povertà”; in questo caso su tratterebbe infatti di una “scelta politica”.
Sono “consapevole che abbiamo problemi seri anche al di sotto di questa soglia di età” (ovvero sotto i 55 anni), ma “lo spirito di queste proposte che noi formuleremo è di essere delle proposte che possono essere messe in pratica immediatamente con le sole forze ed energie di cui dispone l’istituto e con la strumentazione legislativa che verrà proposta”.
“Se vogliamo introdurre un reddito minimo sotto i 55 di età noi abbiamo bisogno di avere un’efficiente amministrazione delle politiche del lavoro e delle politiche attive”, ma tutto questo “in Italia purtroppo non esiste, in molte regioni non c’è; l’Inps non ha compiti riguardo a questo e non possiamo proporre cose che non sono immediatamente fattibili. Ci sono tante cose che si possono fare” per la fascia di età al di sotto dei 55 anni “ma lì ci vuole un intervento e delle scelte politiche a riguardo”.
Boeri ha riferito anche sui risultati dell’operazione bonus bebè, sottolineando che l’Inps ha ricevuto 15mila domande per l’erogazione dell’assegno mensile da 80 euro.