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(WSI) – Il piano del Cavaliere sta in piedi: meno tasse e aiuti al Sud. Annuncia pure la sfida per un nuovo “Partito della libertà”. Follini manco applaude, gli altri alleati sono tiepidi. E i giudici chiedono di processarlo.
Silvio Berlusconi non molla. È solo ma non molla. I giudici ce l’hanno con lui e chiedono l’ennesimo rinvio a giudizio per la storia dei diritti cinematografici e di Mediaset. Gli alleati lo ascoltano e non applaudono. L’opposizione incalza. Non lo vogliono, questo è chiaro. Gliel’hanno detto in faccia, anche se non sanno come sostituirlo e come fare a vivere senza di lui. Se non gliel’hanno detto, gliel’hanno fatto capire. Ma lui resiste.
Spiacenti, signori alleati e sacerdoti delle crisi più o meno pilotate, esperti di valzer e di ammiccamenti a destra e a sinistra, professori di agguati e imboscate: il Cavaliere non ha alcuna intenzione di scendere di sella, non spontaneamente almeno. Se volete disarcionarlo, dovete impallinarlo negandogli il voto di fiducia. Lui non fa marcia indietro. Ce l’ha scritto sul volto, prima ancora che sui foglietti che legge alla Camera per presentare il suo terzo governo, il secondo di questa legislatura.
Ce l’ha impresso sulla fronte: rispuntano i capelli (complimenti per il colore castano chiaro) e non cade la voglia di andare avanti, anche perchè diversamente non potrebbe fare. Deve giocare all’attacco, il Cavaliere. Lui lo sa e lo fa pure, rilanciando la Casa delle Libertà come progetto politico, come Casa comune del centrodestra, e non lasciando inascoltate le richieste degli alleati. Parla del Sud, della necessità di venire incontro alle esigenze delle famiglie e dei ceti medi. Spiega che bisogna rilanciare la competitività, tagliare le tasse, affrontare il nodo dell’Irap. Fa presente che la crisi economica ha colpito duramente, ma che il centrodestra ha lavorato sodo, che ha avviato le riforme, che ha mantenuto in equilibrio i conti.
Provateci voi, se ne siete capaci, sembra dire, voi che criticate, che avete parlato come se nulla di buono fosse stato fatto. Dice cose normali, anche di buonsenso, parla del passato e del futuro che attende la coalizione, fa proposte politiche, chiare. E l’Udc rimane impassibile. E Follini non applaude. Possibile? Possibile, possibilissimo. E chi non ci crede è pregato di rivedersi il video del discorso del Premier, diciassette minuti in tutto. Eccolo lì, il Cavalierebis. È differente rispetto al solito Cavaliere. Un po’ più tirato, forse anche stanco. È seduto al banco del governo, fra Giovanardi e Fini.
Pier Ferdinando Casini, presidente della Camera, leader dell’Udc, sta leggendo l’ordine del giorno ed elencando i deputati assenti. Berlusconi con la testa annuisce. Annuisce in continuazione. Sembra quasi un tic, il suo: il capo si alza e si abbassa, ritmicamente. È insofferente, il Cavaliere. Il rito vuole che lui stia lì, sul banco del governo ad esporre il nuovo programma. Lo vogliono gli alleati. Lui ci sta, ma come se stesse attraversando le forche caudine, e non fa nulla per nasconderlo. Anzi, quasi lo sottolinea, lo ostenta. Addirittura, quando si avvicina Alfredo Biondi, fa un gesto con la mano, eloquente. Che vuoi fare, sembra dire, siamo qui, anche questo dovevamo sopportare. Esisterà un santo protettore dei presidenti del Consiglio, un angelo custode?
Annuisce, Silvio Berlusconi, annuisce con le mani giunte. Se quel santo da qualche parte esiste, nascosto chissà dove tra Palazzo Chigi e Palazzo Grazioli, deve avergli detto di sopportare, di non mandare tutti a quel paese, di avere pazienza. Per il bene della coalizione, e anche di se stesso. Perchè altrimenti, arrivati a questo punto, non si può fare. Ma la pazienza non basta, sembrano non bastare neppure le aperture agli alleati. Sette applausi ha ricevuto Berlusconi. Più o meno un applauso ogni due minuti. Il più caloroso quando ha detto di essere orgoglioso della sua coalizione e delle cose fatte dal governo. E lo ha detto alzando un po’ il tono della voce e guardando fisso al banco di Follini.
Marco Follini non ha fatto una piega. Non s’è alzato in piedi come tutti gli altri. Se n’è stato lì, immobile, con le braccia poggiate sul banco. Solo a fine discorso, quasi per cortesia, per salvare la faccia, ha mosso un po’ le mani. Un applauso stentato, gelido. Come andranno avanti i due alleati rinchiusi in questa specie di freezer? E cosa aspetta Follini per scongelarsi? Berlusconi ha detto tutto ciò che doveva dire e che gli alleati si aspettavano di sentire. Nessuno strappo, nessuna sorpresa. Lo abbiamo già scritto, conviene ripeterlo andando nel dettaglio, così si capirà meglio. Più attenzione per il Sud, avevano chiesto An e Udc.
Il Cavaliere ha promesso più attenzione per il Sud, lo ha promesso concretamente, elencando numeri e interventi. Aiuti alle famiglie, avevano detto gli alleati. Berlusconi ha spiegato che bisogna puntare al recupero del potere d’acquisto di salari e stipendi e chiudere in fretta il rinnovo dei contratti del pubblico impiego per passare poi al settore privato. Di nuovo cose concrete. Un occhio di riguardo alle aziende, avevano auspicato nella maggioranza. E ancora una volta sono stati accontentati con l’annuncio della nuova manovra sull’Irap e di una serie di altre misure.
Alleati contenti? An forse, con qualche distinguo. L’Udc per niente. Centristi scontenti (a giudicare dagli applausi contenutissimi) persino quando Silvio Berlusconi, guardando avanti, ha annunciato, come anche l’Udc chiedeva, la proposta di rivedere dalle fondamenta la Casa delle Libertà auspicando la trasformazione della coalizione in un soggetto unico. Non gliene va bene una a questi alleati. La verità è che non vogliono Berlusconi. Non lo vogliono più. Gli voteranno la fiducia, salvo sorprese finali che nella Casa delle Libertà tutti escludono. E poi sarà un calvario. Prepariamoci al peggio.
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