Roma – Cinquantacinque clan coinvolti (l’ultima, la cosca Bifone “scovato” due giorni fa dai carabinieri a Santa Maria Capua Vetere) e interessi “mortali” fino al 1,500 per cento annui. È l’affare usura, sempre più gestito dalle mafie. E che di vero affare si tratti lo dimostra il fatto che circa il 46 per cento delle segnalazioni di operazioni sospette di riciclaggio sono poi sfociate in inchieste di usura e mafia.
Dati impressionanti e preoccupanti, contenuti nel dossier “Usura, il Bot delle mafie, fotografia di un Paese strozzato”, illustrato ieri da Libera e che fa riferimento solo agli ultimi due anni.
“La crisi economica, il forte aumento delle sofferenze bancarie sono lo scenario del fenomeno usura – sottolinea don Luigi Ciotti, presidente di Libera -. E su questo le mafie si inseriscono come un cuneo, rispondendo subito con i contanti. Sapendo che i rischi sono pochi, grazie al silenzio delle vittime che, addirittura, vengono coinvolte per trovare nuovi “clienti”. Ma anche grazie a una rete di professionisti, una nebulosa di affaristi senza scrupoli”.
Scorrendo le pagine si comprende bene la gravità del fenomeno a partire dai nomi dei clan coinvolti, dai Casalesi (i “big” della Camorra imprenditrice) ai D’Alessandro (specializzati anche nel parallelo gioco d’azzardo) dai Cordì ai De Stefano e ai Mancuso sia in Calabria che al Nord, fino ai Casamonica (da sempre usurai a Roma).
Anche i tassi usurai la dicono lunga sul livello dell’affare. Il record appartiene a Roma dove ci sono state richieste fino al 1,500 per cento annuo.
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