Economia

Intervista a Tommaso Girotti, esperto nel campo della trasformazione digitale

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Tommaso Girotti, ingegnere italiano, è riconosciuto come un professionista di successo nel campo della trasformazione digitale, grazie alla sua solida esperienza maturata negli anni in contesti organizzativi multinazionali. In questa intervista, ha voluto condividere la sua esperienza e rivela come è diventato uno dei protagonisti nel campo della trasformazione digitale.

Perché la transizione digitale è sempre più un “must” per le aziende?

Il mondo sta cambiando con una velocità estrema e se le aziende vogliono rimanere competitive e sostenibili in un mercato con logiche totalmente nuove, devono necessariamente attrezzarsi. Pensiamo ad esempio alle nuove generazioni native digitali: l’attrattività delle organizzazioni per i futuri talenti dipenderà anche dalla loro maturità digitale. Se invece ci focalizziamo sugli attuali processi di un’organizzazione, è evidente che la transizione digitale può fare la differenza, ottimizzando le attività a basso valore aggiunto che possono essere gestite da piattaforme digitali con elevati standard di qualità permettendo dunque alle persone di focalizzarsi su aspetti del loro lavoro in cui le competenze umane fanno la differenza, quelle che chiamo attività ad alto valore aggiunto, come ad esempio la capacità decisionale.

Quali sono le difficoltà per un’organizzazione che vuole intraprendere una transizione digitale?

Ci sono diversi ostacoli da superare e non dipendono solo dagli aspetti legati alla tecnologia, ma anche dalla cultura aziendale. Il primo passo verso una transizione digitale in un’organizzazione nasce dalla voglia e dalla capacità di ridisegnare se stessi in chiave digitale, mettendo sempre al centro l’employee con un approccio bottom-up piuttosto che top-down. Per fare questo, è necessario lavorare da un lato sui processi, non più seguendo una logica “cluster” ma una logica di piattaforma, costruendo cioè un ecosistema digitale interconnesso a servizio dell’employee, e dall’altro ridisegnare l’esperienza digitale garantendo una fluidità e facilità d’uso dei sistemi in linea con quella che chiunque di noi ha al di fuori dell’azienda. Inoltre, è di estrema importanza accompagnare la transizione con programmi di change management che permettano a tutti di acquisire nuove competenze e modalità di lavoro.

Parlando di competenze, come deve attrezzarsi un’organizzazione per far fronte a questa importante sfida?

Partiamo dalla consapevolezza che la tecnologia avanza a una velocità superiore alla capacità di acquisire competenze digitali; quindi, anche le competenze attuali avranno bisogno di un continuo aggiornamento. Tuttavia, c’è una logica di base, ovvero che esistono due tipologie di profili: quelli trasversali (product/program/digital manager) che non necessariamente devono avere competenze IT, ma piuttosto un giusto equilibrio tra pensiero logico-matematico e competenze soft come curiosità, pensiero critico/laterale, visione olistica e capacità di sintesi; e poi quelli più verticali nell’ambito IT (developer/UX designer/IT specialist) che, essendo responsabili dello sviluppo vero e proprio della soluzione, devono avere competenze forti nell’ambito in cui operano. Entrambi i profili sono estremamente importanti e devono lavorare in sinergia l’uno con l’altro.