Intesa Sanpaolo chiude il 2020 con un utile netto contabile sopra le attese a 3,3 miliardi, a fronte dei 4,2 miliardi del 2019. Senza considerare l’apporto di Ubi Banca nei 5 mesi di appartenenza al gruppo ed escludendo l’impatto dell’acquisizione, l’utile è pari a 3,1 miliardi.
Lo ha comunicato il gruppo in una nota in cui si spiega che il cda ha deciso di distribuire il massimo consentito come dividendi, ossia un totale di 694 milioni di euro. Numeri che danno una spinta al titolo che, a metà seduta, vanta un rialzo del 4,2%, attestandosi a 2 euro.
“In un contesto di straordinaria complessità, nel 2020, superando il nostro obiettivo, abbiamo conseguito un utile netto pari a 3,1 miliardi, escludendo l’impatto contabile della combinazione con Ubi Banca, l’impairment dell’avviamento della Banca dei Territori e il contributo di 5 mesi delle attività di Ubi Banca” ha notato l’a.d. di Intesa Sanpaolo, Carlo Messina, commentando il bilancio 2020 dell’istituto.
Messina ha poi sottolineato che Intesa, “per conseguire, nei prossimi anni, nuovi importanti traguardi’ ha ‘allocato oltre 6 miliardi di euro dell’utile pare-tasse del 2020 all’ulteriore rafforzamento della sostenibilità dei nostri risultati destinando: 2,2 miliardi ad accantonamenti per futuri impatti della pandemia, 2,1 miliardi per accantonamenti addizionali su crediti deteriorati e in bonis di Ubi Banca e 2 miliardi ai costi di integrazione”.
Intesa Sanpaolo, giù crediti deteriorati
Per la prima banca italiana il miglioramento della qualità del credito è confermata dalla riduzione dei crediti deteriorati, al lordo delle rettifiche di valore, pari a circa 10,8 miliardi di euro nel 2020,circa 44 miliardi dal picco di settembre 2015 e circa 32 miliardi dal dicembre 2017 superando con un anno di anticipo, per circa 6 miliardi, l’obiettivo di riduzione pari a circa 26 miliardi previsto per l’intero quadriennio dal Piano di Impresa 2018-2021.
La patrimonializzazione si conferma solida, con coefficienti su livelli largamente superiori ai requisiti normativi.
Al 31 dicembre 2020, deducendo dal capitale 694 milioni di euro di dividendi proposti, il Common Equity Tier 1 ratio pro-forma a regime è risultato pari al 15,4% (al 16,9% escludendo l’acquisizione di UBI Banca e al 15,9% includendo l’acquisizione di UBI Banca ma escludendo le attività del ramo d’azienda da cedere a BPER Banca), confermando un livello top tra le maggiori banche europee. Il CET1 calcolato applicando i criteri transitori in vigore per il 2020 risulta invece al 14,7%.
Sinergie con Ubi in aumento a oltre un miliardo
Guardando avanti, Intesa Sanpaolo prevede di raggiungere nel 2021, includendo l’acquisizione di Ubi Banca, ‘un utile netto superiore a 3,5 miliardi, con un costo del rischio inferiore a 70 centesimi di punto’. Si tratta di una modifica del target previsto in precedenza, che stimava un utile di 3,5 miliardi senza considerare l’acquisizione di Ubi.
Sulla base dell’attuale stato di avanzamento del processo di integrazione di Ubi Banca, il gruppo stima sinergie in aumento a oltre un miliardo, a regime nel 2024 e a oltre l’80% nel 2023, dai circa 700 milioni attesi al momento dell’offerta pubblica di acquisto e scambio, di cui per i costi a oltre 700 milioni da circa 550 milioni e per i ricavi a oltre 300 milioni da circa 150 milioni’.
Per conoscere le prossime mosse di Intesa Sanpaolo bisognerà aspettare il nuovo piano industriale che verrà presentato prima dell’estate quando sarà completata l’integrazione con Ubi Banca.