Le riserve espresse dal Cda di Ubi in merito all’ops lanciata da Intesa Sanpaolo erano troppo dure e perentorie perché la banca guidata da Carlo Messina non preparasse un’articolata risposta.
L’obiettivo, ovviamente, è quello di convincere quanti più azionisti di Ubi Banca ad aderire all’offerta, che potrebbe permettere la realizzazione di una fusione fra i due istituti. L’offerta di Intesa, che prevede un concambio di 1,7 volte, può essere accettata a partire da oggi, 6 luglio.
Alcune obiezioni di Intesa al Cda di Ubi
- Secondo Intesa, il Cda di Ubi ha sottostimato “l’allocazione del valore e delle sinergie derivanti dall’operazione a favore degli attuali azionisti Ubi Banca”. “Va infatti considerato”, scrive Intesa, “anche il valore rappresentato dal premio offerto (pari a circa 1,1 miliardi ai prezzi del 14 febbraio 2020, ossia pari alla differenza tra la valorizzazione di UBI Banca con il premio riconosciuto dall’Offerta di 4,9 miliardi di euro rispetto alla capitalizzazione di mercato in pari data pari a 3,8 miliardi), che porta a un ammontare di competenza degli azionisti di Ubi Banca pari a oltre il 40% del valore attuale delle sinergie complessive al netto dei costi di integrazione.
- Sul fatto che la fusione non attribuirà alcun premio agli azionisti di minoranza che non avessero aderito all’Offerta, Intesa Sanpaolo fa presente “che la legge e la prassi impongono di determinare il concambio di fusione (e quindi di valutare incorporante e incorporata, ovviamente senza premio di controllo) con criteri e metodologie che si ispirano anzitutto al principio di omogeneità e comparabilità degli elementi considerati”.
“Piuttosto”, ha proseguito la nota di Intesa “il Consiglio di Amministrazione di Ubi Banca avrebbe dovuto ricordare agli azionisti che, ove gli stessi non aderissero all’Offerta, si troverebbero con un’azione contraddistinta da un prezzo che non conterrà il premio implicitamente riconosciuto nell’ambito dell’Offerta in favore degli aderenti”. - Intesa non ha negato che la fusione non potrebbe dirsi praticabile nemmeno nel caso in cui la ops avesse successo (ovvero se aderissero almeno la metà più uno degli azionisti di Ubi).
Tuttavia, la banca guidata da Carlo Messina ha fatto presente che “la fusione è uno degli strumenti per massimizzare la creazione di valore dell’operazione, ma anche in assenza della medesima gli obiettivi strategici e le sinergie sono in larga parte conseguibili”, per la precisione, nella misura dell’87%.
Intesa Sanpaolo, infatti, “potrà comunque esercitare la maggioranza dei diritti di voto in assemblea e legittimamente nominare un nuovo Consiglio di Amministrazione”.