NEW YORK (WSI) – La minaccia dello Stto Islamico diretta al governo italiano è molto seria: “Se mandate forze armate in Libia, vi invieremo 500 mila migranti” nelle vostre coste.
Naturalmente le autorità italiane e europee non sanno come rispondere. Il premier Matteo Renzi ha fatto un collegamento tra l’incremento di migranti in arrivo sulle coste siciliane e il caos in Libia, un paese con due governi e almeno tre forze rivali, tra cui i jihadisti dello Stato Islamico.
Il dilemma del governo è come riuscire a far convivere l’accoglienza dei veri rifugiati che attraversano il mare in barconi rischiando la vita e la lotta contro i jihadisti che Roma vuole invece tenere il più lontano possibile.
“Sarebbe molto difficile capire chi combattere e chi invece sostenere in Libia”, ha detto a Defense News Gabriele Iacovino, un analista del Centro Studi Internazionali di Roma. “I peacekeeper sarebbero un target perfetto per l’Isis”.
Renzi si è detto contrario a un’operazione di peacekeeping della Nato, a cui preferisce invece i dialoghi diplomatici. Un’eventualità del genere sarebbe rischiosa, secondo Iacovino, anche dopo un tregua tra i due principali gruppi rivali in Libia. “Vorrebbe dire confrontarsi contro carrarmati e sistemi di difesa aeree mobili”.
Iacovino stima che i combattenti pronti a battersi per l’ISIS siano tra le 5 mila e 8 mila unità a cui vanno aggiunti 3-5 mila soldati convertiti da altre milizie. “Sono tutti libiani. Derna è stata una fucina islamica per 20 anni, che anche Gheddafi non è riuscito a ribaltare. Prima erano schierati con al-Qaida ora con l’ISIS, e ora vogliono incassare i redditi provienenti dal petrolio libico”.
Dopo la cacciata del raìs Gheddafi per mano delle forze internazionali guidate da Francia e Usa, oggi due governi ostili hanno messo le radici nel paese, spaccato in due. Gli islamisti moderati governano a Tripoli e sono appoggiati dal Qatar. Un altro esecutivo – riconosciuto internazionalmente dopo la vittoria elettorale – ha invece sede a Tobruk, pochi chilometri a est di Derna, ed è appoggiato dall’Egitto.
La speranza dei leader delle diplomazie occidentali e mediorientali era che l’arrivo dell’ISIS avrebbe spinto le due parti rivali a negoziare e allearsi in un secondo momento contro il nemico comune, l’Isis. Il problema è che il movimento jihadista che si sta espandendo a macchia d’olio in Siria e Iraq non costituisce ancora – come spiega Iacovino – un nemico comune abbastanza forte. “Se mai si dovessero tenere trattative devono essere svolte a livello tribale, perché è lì che si trova il potere ora, oppure tra Qatar ed Egitto”, che muovono i fili della guerra libica dalle retrovie.
LE RESPONSABILITÀ DELL’ITALIA COLONIALE
Più di 5.300 migranti sono arrivati sulle coste italiane nelle prime sei settimane dell’anno, per un aumento del 60% rispetto allo stesso periodo del 2014.
In Libia intanto i jihadisti senza scrupoli dell’ISIS, il cui obiettivo è creare un califfato islamico che si estenda dalla Siria e l’Iraq fino al Nordafrica e nel mondo, hanno pubblicato un video in cui mostrano l’uccisione per decapitazione di 21 cristiani egiziani che erano stati presi in ostaggio.
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L’Egitto ha risposto conducendo una serie di attacchi aerei a Derna, centro nevralgico dell’Isis. L’obiettivo dei raid sono stati i magazzini di armi e i campi di addestramento delle forze ribelli in Libia. Nell’operazione di rappresaglia decine di militanti sono morti, secondo le autorità del Cairo.
Ironicamente Derna è stata una delle province centrali della colonia italiana in Libia, durata dal 1934 al 1943. Secondo le stime del governo libico la conquista della Libia e le successive repressioni italiane costarono la vita di circa 100.000 cittadini libici, pari a un ottavo della popolazione.
I libici, e i Senussi in particolare, portarono avanti una lunghissima guerriglia contro l’Italia e Derna fu una delle capitali della rivolta. Oggi – scrive il giornalista Davide De Luca su Il Post, “l’intera città è disseminata di riferimenti ad Omar al Mukthar, il “Leone del deserto”, capo della rivolta fino al 1931, quando venne catturato e giustiziato dagli italiani”.
“Durante i duri anni della rivolta, alcuni leader dei Senussi scoprirono che il misticismo ascetico e monacale non sempre è l’arma migliore durante una guerra. Negli anni Venti alcuni inviati della confraternita viaggiarono fino all’Arabia Saudita e presero contatti con i Wahabiti e con la loro dottrina che con la sua visione militante dell’Islam sembrava molto più adatta ad armare il popolo libico contro gli italiani”.
Insomma, anche se si tratta di 80 anni fa e anche se il jihadismo ha incominciato a fiorire negli Anni 80 a Derna, il comportamento degli italiani ha contribuito al diffondersi dell’estremismo islamico nella regione.
Fonte principale: Defense News
(DaC)