Istat prevede crollo Pil Italia: -8,3% nel 2020. Parziale ripresa nel 2021 (+4,6%)
Uno shock senza precedenti la cui quantificazione è connotata “da ampi livelli di incertezza”. Così l’Istat, nelle “Prospettive per l’economia italiana”, definisce l’impatto dell’epidemia di Covid-19 sull’economia italiana. In termini percentuali, l’istituto di statistica si aspetta “una marcata contrazione del Pil nel 2020”, con una caduta dell’8,3%, e “una ripresa parziale nel 2021”, stimando un rialzo del 4,6%.
Nell’anno corrente, la flessione del Pil sarà determinata prevalentemente da una “caduta”per i consumi delle famiglie (-8,7%) a cui si accompagna anche “il crollo” degli investimenti (-12,5%), a fronte di “una crescita dell’1,6% della spesa delle amministrazioni pubbliche”. Anche la domanda estera netta e la variazione delle scorte dovrebbero fornire un contributo negativo alla crescita (rispettivamente -0,3%. e -0,8%.).
Non mancano segnali di speranza. Dopo il bimestre marzo-aprile nero, gli indicatori disponibili per il mese di maggio mostrano “alcuni primi segnali di ripresa in linea con il processo di riapertura delle attività”.
“La ripresa delle attività di produzione e consumo è attesa sostenere – si legge – un miglioramento del clima economico con un effetto positivo sul Pil che, dopo una flessione ulteriore nel secondo trimestre, è previsto in aumento nel secondo semestre dell’anno”.
Il mercato del lavoro
L’evoluzione dell‘occupazione, misurata in termini di Ula (Unità lavorative annue), è prevista evolversi in linea con il Pil, con una brusca riduzione nel 2020 (-9,3%) e una ripresa nel 2021 (+4,1 Lavoro, boom degli inattivi Boom degli inattivi nei primi 4 mesi dell’anno, questo fa calare il tasso di disoccupazione.
“Rispetto ai non occupati, si amplifica la ricomposizione a favore dell’inattività (ad aprile in tasso di inattività è aumentato di 2 punti percentuali) mentre diminuisce la disoccupazione (-1,7 punti percentuali). Nel confronto con la media del 2019, nei primi 4 mesi dell’anno circa 500 mila persone hanno smesso di cercare lavoro transitando tra gli inattivi. Questo segnale presenta specificità di genere e fascia di età.
Il tasso di inattività femminile è cresciuto di 2,3 punti percentuali mentre la disoccupazione è diminuita di 2,6 punti percentuali. L’aumento di inattività è stato più accentuato tra la fascia di età 35-49 (+10,4%, 278mila unità) e 25-34 anni (+8,8%, 172mila unità). La contemporanea riduzione della disoccupazione oltre che in queste classi di età (rispettivamente -26,9%, 182mila unità, e -17,0%, 90mila unità) si è manifestata anche tra i più giovani, 15-24 anni (-31,8%, 119mila unità)”.