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Italia al test del rating, spauracchio Moody’s

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Tempo di esami per l’Italia, come li ha definiti il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti. In queste settimane le agenzie di rating stanno rilasciando i loro giudizi sul merito creditizio del nostro Paese e l’esito dei test, stavolta, non è scontato. Tra gli appuntamenti più importanti quello con l’agenzia Moody’s, che comunicherà la propria decisione venerdì 17 novembre, dopo la chiusura dei mercati. Una data da segnare in rosso sul calendario, poiché in passato l’agenzia ha già minacciato di declassare il rating dell’Italia e a maggio ha rinviato il proprio giudizio sul Belpaese. Quest’ultimo, al momento, è pari a Baa3, ovvero solo un solo gradino al di sopra dell’area “non investment grade”, o “speculative grade”, categoria che racchiude i cosiddetti “titoli spazzatura”. Il livello attuale ci colloca, in ambito europeo, al di sotto della Bulgaria (Baa1), del Portogallo (Baa2) e della Croazia (Baa2).

Lo scorso 20 ottobre Standard & Poor’s ha confermato la valutazione sull’Italia a BBB con outlook stabile mentre l’11 novembre anche Fitch ha ribadito il suo giudizio lasciandolo immutato a BBB con outlook stabile.

Rating, le attese degli analisti.

Il rating dell’Italia si è gravemente deteriorato negli ultimi 15 anni. Come evidenziato dalla Mazziero Research, “con un rallentamento della crescita economica e un peggioramento dei conti pubblici, vi potrebbero essere delle modifiche nelle valutazioni con un peggioramento dell’outlook”. Secondo la società di ricerca, l’agenzia Moody’s “non può far altro che tagliare la valutazione da Baa3 a Ba1”. Anche in questo caso, però, “non vi sarebbero conseguenze rilevanti, fintantoché almeno un’altra agenzia di rating dovesse scendere a questo livello.” Un eventuale declassamento del rating a livello speculativo renderebbe il Paese meno affidabile nei confronti dei creditori, inducendoli a domandare rendimenti più elevati per investire nei Btp. Questo determinerebbe un aumento della spesa per interessi, aggravando potenzialmente la situazione dei conti pubblici.

Secondo l’agenzia Scope – che si esprimerà sul rating dell’Italia il 1° dicembre – un ulteriore deterioramento delle finanze statali potrebbe inoltre compromettere l’idoneità dei titoli italiani ad essere acquistati dalla Bce attraverso il meccanismo Tpi, lo “scudo anti-spread” varato a luglio 2022 per assicurare una trasmissione omogenea della politica monetaria nei diversi Paesi dell’Eurozona.

 

Spread osservato speciale.

Nelle prossime settimane non è da escludere un aumento delle pressioni sui titoli di Stato e sullo spread Btp-Bund, tornato in area 200 punti base. Sul differenziale tra i titoli di Stato di Italia e Germania hanno influito anche fattori esterni, come l’impennata dei rendimenti che si è diffusa dagli Stati Uniti all’Europa, alimentata dai toni restrittivi dei banchieri centrali. Nondimeno pesano il rallentamento economico della zona euro e l’aumento dei prezzi energetici degli ultimi mesi, che rischia di ritardare la discesa dell’inflazione.

Per quanto riguarda l’Italia, ci sono poi rischi specifici legati all’elevato debito pubblico, la revisione al ribasso delle stime di crescita e l’ipotesi di una conclusione anticipata del programma Pepp da parte della Bce. Le nuove previsioni del governo, contenute nella Nadef, hanno segnato secondo Fitch un “significativo allentamento della politica fiscale rispetto agli obiettivi precedenti”, con un obiettivo di deficit di bilancio per il 2024 più ampio rispetto alle previsioni e superiore al tetto del 3% fissato da Bruxelles, mentre il debito pubblico è destinato a non scendere in modo rilevante nei prossimi anni.

L’articolo integrale è stato pubblicato sul numero di novembre del magazine Wall Street Italia. Clicca qui per abbonarti.