Roma – C’è grande fermento all’Istituto italiano di Cultura di New York. Sempre legato alla promozione della cultura e dell’italianità all’estero, per carità, ma per ragioni che non t’aspetti. L’istituto, tra i più prestigiosi fra gli 89 di cui il Belpaese si fregia, è finito sotto la lente degli ispettori della Farnesina per consulenze, contratti esterni e gestione della rendicontazione del patrimonio dell’ente.
L’Ambasciata d’Italia a Washington è in allarme. Da un paio di mesi contesta queste cose al padrone di casa Riccardo Viale. Gli viene rimproverato anche un palese conflitto ‘interessi : a quanto apre i corsi di lingua per i connazionali si svolgono regolarmente in Istituto, ma il versamento delle quote va a beneficio di una non-profit corporation (“The friends of the Ici of New York”) il cui fondatore e presidente è proprio il professor Viale.
A qualcuno, a questo punto, potrebbe venire in mente che non sia sufficiente il compenso da 15 mila euro al mese che la Farnesina riconosce al professore in qualità di direttore di “chiara fama”, incarico di stretta nomina politica. Ma forse, si augurano a Washington, “si è trattato solo di un equivoco e tutto si sistemerà, con una lettera di scuse e rifondendo le quote all’Istituto”. Comunque sia, anche questo è un piccolo spaccato dell’italianità che viaggia nel mondo lungo le autostrade della diplomazia. Portandosi dietro una fetta del bilancio dello Stato (1,6 miliardi).
Un mondo a parte che non soffre i segni del tempo e della crisi. Con gli ambasciatori, ad esempio, che guadagnano più dei capi di Stato dei Paesi che li ospitano. E poi consoli, ministri plenipotenziari e segretari spesati di tutto punto, con l’immunità diplomatica e pure quella di licenziamento.
La spending review ha fatto loro un baffo. Un emendamento ad hoc alla legge di Stabilità ha fatto slittare il taglio del 20% al 31 Dicembre. Mancano pochi giorni ma c’è chi scommette che non una resterà indietro. Cosí resteranno a lungo in servizio 901 diplomatici italiani: 31 ambasciatori, 210 ministri plenipotenziari, 357 consiglieri e 303 segretari. Un piccolo esercito che costa 184 milioni di euro l’anno. Non c’è da stupirsi: un ambasciatore italiani all’estero guadagna 380mila euro lordi l’anno tra indennità di servizio (esentasse) e stipendio metropolitano (tassato) cui vanno aggiunti il 20% di maggiorazione per il coniuge, il 5% per i figli, indennità di rappresentanza e sistemazione, contributo spese per residenza e personale domestico. Più premio di risultato variabile da 50 a 80 mila euro.
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