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(WSI) – I risultati in dettaglio del sondaggio congiunturale di inizio anno: la ripresa in Italia stenta a decollare e rimane a rischio (a causa del petrolio, ma non solo); il ristagno congiunturale del Pil nel secondo semestre 2005 non impedisce una leggera revisione al rialzo (da +1,1% a +1,2%) delle previsioni per quest’anno; inflazione pressoché stabile al 2,1-2,2%; euro in moderato rafforzamento verso 1,25 contro dollaro; tassi d’interesse in contenuto aumento (50 punti base) nel corso del 2006.
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L’economia italiana continua dunque a mostrare prospettive incerte, dopo il modesto recupero del Pil (+0,3%) nel terzo trimestre 2005, che fa seguito all’evoluzione fortemente altalenante del primo (-0,5%) e del secondo trimestre (+0,7%); ciò significa il superamento dello stato di recessione in senso tecnico, ma i segnali sul fronte della congiuntura si confermano poco favorevoli, così come stentano a intravedersi elementi che possano indicare un netto punto di svolta. Questo lento passo di marcia è in linea con le stime di consenso dei maggiori centri di previsione, nazionali e internazionali: una crescita ridotta nella media dell’anno in corso, con qualche impercettibile revisione al rialzo grazie alla ripresa in atto nell’area dell’euro e alla buona tenuta dell’economia mondiale. Il 2005, per contro, è stato il periodo di più bassa crescita dopo il risultato negativo del 1993 (-0,9%) e ha visto ulteriormente allargarsi il divario con gli altri paesi dell’eurozona.
Gli operatori ed esperti interpellati nel Forum congiunturale di gennaio – la rilevazione è stata condotta nella terza settimana del mese – convergono, in sostanza, sulla prospettiva di una lenta uscita dalla stagnazione/recessione nell’orizzonte del 2006, uno scenario che coincide con il quadro delineato dai principali uffici studi e istituti di analisi economica: è oggi molto probabile una variazione del Pil appena superiore all’1% nella media di quest’anno, con un modesto recupero congiunturale nella seconda metà del periodo, dopo un secondo semestre 2005 calcolato intorno a +0,3% tendenziale e a fronte di un aumento medio annuo dello 0,2% (a parità di giorni lavorativi, il risultato grezzo si riduce allo 0,1%) stimato nel 2005. Si tratta di un andamento in linea con la previsione/preconsuntivo del Governo, indicata nell’aggiornamento di dicembre del Programma di stabilità dell’Italia , di recente trasmesso all’Unione europea e su cui si basano gli obiettivi di finanza pubblica per l’anno in corso. Si registra, invece, uno scostamento abbastanza significativo nella prospettiva del 2006, quando la crescita prevista del Pil è pari all’1,2%, a fronte dell’1,5% del dato programmatico.
I principali indicatori congiunturali qualitativi – dalle aspettative sulla domanda e la produzione al clima di fiducia delle imprese, in relativa controtendenza quello delle famiglie – hanno mostrato, nel quarto trimestre del 2005, una chiara tendenza alla ripresa, dopo i bassi livelli toccati in precedenza; e queste attese più favorevoli potrebbero trovare conferma nei risultati dei prossimi mesi, anche se i segnali di svolta messi in evidenza dalle inchieste negli ultimi tempi non si sono finora tradotti in un effettivo rilancio dell’attività economica. Il quadro che emerge dal Forum di gennaio indica, tuttavia, una sostanziale stabilità delle previsioni (aggiustate nel frattempo con i nuovi dati di contabilità nazionale) rispetto alla precedente rilevazione di ottobre; l’orientamento di esperti e operatori è sempre condizionato, peraltro, dall’incertezza legata agli scenari internazionali e, in particolare, alle elevate quotazioni del petrolio, alla perdurante sopravvalutazione dell’euro (effetto speculare della debolezza del dollaro), all’instabilità politica sul fronte interno.
La prossima fase di lento e graduale recupero ciclico dovrebbe interessare innanzitutto, per quanto concerne la domanda interna, gli investimenti fissi lordi: dopo un 2004 in contenuta risalita con un sensibile rimbalzo nel primo trimestre dell’anno, essi hanno fatto segnare un nuovo declino nella prima metà del 2005. E’ probabile, pertanto, una moderata accelerazione nei valori tendenziali nella prima parte di quest’anno. I consumi delle famiglie saranno, a loro volta, caratterizzati da una dinamica sempre rallentata nella crescita annua (di poco superiore all’1%) nella media del 2006, confermando la fase di generale debolezza della domanda interna, che ha contrassegnato tutto il periodo 2001-2005. Un’inflazione attesa ancora sopra il 2% e una pressione fiscale che si mantiene elevata non possono, infatti, non avere conseguenze restrittive sul potere d’acquisto delle famiglie, comprimendo il reddito reale disponibile e, quindi, la spesa per consumi privati, già condizionata dalla diffusa incertezza e dai timori per il futuro.
I prezzi, alla produzione e al consumo, rimarranno sostanzialmente sotto controllo, ma i primi dovrebbero continuare a scontare le tensioni all’origine (energia e materie prime) ereditate dal recente passato; nel caso dell’inflazione al consumo è, inoltre, possibile qualche ritardato effetto legato ai rincari del petrolio registrati negli ultimi mesi. Questo scenario di tendenziale calma è, in particolare, favorito sia dall’apprezzamento dell’euro, sia dalla persistente debolezza della domanda di beni di consumo, anche se non sono escluse nuove circoscritte tensioni, a causa dei rischi di improvvise impennate nel prezzo del petrolio. Il dato strutturale di un’inflazione non superiore al 2% annuo – indicato dalla Banca centrale europea come obiettivo di stabilità dei prezzi – è venuto meno, tuttavia, per cinque anni consecutivi: 2,5%, 2,7%, 2,5%, 2,7% e 2,2%, rispettivamente, nei dati a consuntivo dal 2000 al 2004; mentre la crescita dei prezzi è risultata pari all’1,9% nella media del 2005. E’ indicata, più in dettaglio, un’evidente resistenza alla discesa della dinamica tendenziale verso la soglia di “stabilità” del 2% nel corso di quest’anno, che rischia, peraltro, di non essere raggiunta, a fronte di un obiettivo confermato dal Governo sotto il 2% nel Programma di stabilità dello scorso dicembre.
Il cambio dell’euro nei confronti del dollaro è indicato, sempre nell’orizzonte del 2006, in moderato rafforzamento rispetto ai livelli toccati nella parte finale dello scorso anno (le più recenti oscillazioni non sembrano, tuttavia, recepite dal sondaggio); esso dovrebbe assestarsi, pertanto, intorno a 1,25 entro la fine del 2006, risalendo leggermente dalle attuali quotazioni e senza registrare particolari movimenti. Anche lo yen, a sua volta, è dato in contenuto rialzo verso una soglia di 107 contro dollaro. Per quanto concerne le prospettive dei tassi d’interesse, il titolo europeo di riferimento per il medio termine – il Bund tedesco a dieci anni, a cui si allinea il Btp italiano, con uno scarto che oggi tende ad assestarsi verso i 20-25 punti base – è previsto in modesta risalita (0,50 punti percentuali) nei prossimi trimestri rispetto ai recenti valori di 3,20-3,30, con qualche probabile accelerazione verso la metà dell’anno. Allo stesso modo, il tasso d’intervento Bce dovrebbe aumentare nel primo trimestre di un quarto di punto rispetto al livello di 2,25%, fissato nella riunione del 1° dicembre 2005 dal consiglio direttivo dell’Istituto di Francoforte. Nuovi ritocchi nei tassi ufficiali da parte della Bce sembrano, poi, in vista nei successivi trimestri del 2006; lo scenario oggi ritenuto più probabile prevede, infatti, tassi ufficiali d’intervento al 2,75-3% alla fine di quest’anno. Le borse azionarie europee sono, per contro, indicate in ulteriore moderato recupero secondo l’indice Eurostoxx delle principali 50 società quotate.
La domanda variabile del sondaggio congiunturale di gennaio ha, infine, riguardato le prospettive della Borsa italiana per il 2006. Dopo la brillante complessiva evoluzione dello scorso anno (+15% circa), il listino azionario è previsto in evidente rallentamento, ma pur sempre con segno positivo, dalla maggioranza degli esperti e operatori interpellati. La modesta ripresa dell’economia e i profitti aziendali previsti in aumento dovrebbero, pertanto, sostenere le quotazioni azionarie, senza mostrare scostamenti di rilievo nei confronti del ciclo borsistico internazionale.
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