Conseguenze molte serie per la banche italiane dopo la decisione del governo di fissare l’asticella del deficit PIL al 2,4% per i prossimi tre anni. Così scrive il Financial Times sottolineando come credit default swap (CDS) delle banche italiane sono quelli i cui interessi sono cresciuti più rapidamente negli ultimi tempi.
Proprio il valore dei CDS è una delle misure più utilizzate per valutare il rischio di investire in uno stato o in una banca e quello dei CDS italiani si è deteriorato a una velocità pari soltanto a quello dei CDS sulle banche turche, un paese che da mesi sta attraversando una gravissima crisi economica.
Ma il problema principale – dice il quotidiano della City – è l’aumento dello spread, dovuto soprattutto all’intenzione del governo di tenere il deficit molto alto, aumentando così il rischio che il nostro paese si trovi, prima o poi, impossibilitato a pagare gli interessi e sia costretto a fare default. Le banche italiane sono piene di titoli di stato e l’aumento o il calo del loro valore si riflette sui bilanci bancari.
Un esempio su tutti Unicredit: la banca di Piazza Gae Aulenti ha detto che la diminuzione di valore dei titoli di stato italiani dovuta all’aumento dei loro rendimenti ha ridotto di 30 punti base (un punto base è un centesimo di punto percentuale) il suo coefficiente patrimoniale core tier 1, cioè il rapporto tra il capitale della banca e le sue attività ponderate per il rischio, una delle principali misure per stabilire se una banca è solida o meno. secondo il Financial Times, ogni 10 punti base di incremento nello spread, il coefficiente patrimoniale di Unicredit cala di 2,6 punti.
“È in corso un circolo vizioso: l’instabilità delle banche e ‘instabilità di governo che si alimentano perpetuamente l’una con l’altra”.
Banche, Spread oltre 400 non è sostenibile
Secondo i calcoli di Credit Suisse, uno spread di rendimento oltre i 400 punti base non è sostenibile per le banche italiane e alcune dovranno intraprendere operazioni di rafforzamento patrimoniale. In un report dal titolo “Politica ed economia: un’asimmetria costosa” gli analisti calcolano che un ampliamento del differenziale di 200 punti base rispetto alla fine di giugno (quando scambiava sui 238 punti base) si tradurrebbe in problemi di capitale.
Il rapport Cet 1 delle banche italiane si ridurrebbe infatti “in media di 66 punti base all’11,87% dal 12,53%” per il campione coperto dall’istituto di credito svizzero, “facendo scattare aumenti di capitale”. Sebbene i titoli bancari scambino su livelli di prezzo solamente 0,58 volte i valori di libro e siano quindi da considerare “a buon mercato”, secondo Credit Suisse potrebbero in teoria essere “soggetti a ulteriori pressioni”.
Lo studio cita le parole pronunciate dal vice premier e leader del M5S. Nonostante la bocciatura da parte dell’UE dei piani di bilancio per i prossimi tre anni del governo, Luigi Di Maio ha escluso qualsiasi “piano B” così come la possibilità di rivedere la manovra economica anche nel caso di un allargamento dello spread a 400 punti base.
Il rischio che la strategia del governo italiano non abbia successo, stima sempre Credit Suisse, è tuttavia “molto elevato”, dal momento che “lo spread potrebbe continuare ad allargarsi e le agenzie di rating potrebbero abbassare il giudizio sul Paese”. Tanto che è un declassamento del rating di un gradino nel breve termine viene ritenuto “uno scenario molto probabile”.