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Italia: concentriamoci su cosa va bene, nonostante la crisi. Anche per i tuoi investimenti

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MILANO (ADVISE ONLY) – Ormai ci siamo abituati. Del nostro Paese, da un po’ di tempo, si parla solo male. Siamo la “zavorra della crescita mondiale” (De Benedetti, 18 ottobre), che “rischia il baratro” (Squinzi, 19 ottobre). Un Paese “fermo, che sta lentamente disfacendosi” (Galli Della Loggia, 20 ottobre), in “patologico ripiegamento su dinamiche di potere interno” (Seminerio, 23 ottobre, su blog Advise Only). “Siamo diventati un Paese che esporta laureati” (ancora De Benedetti, 24 ottobre). Solo per citare alcune dichiarazioni poco lusinghiere degli ultimi giorni.

In effetti anche il più ottimista degli Italiani deve arrendersi davanti ai dati socio-economici dell’ultimo periodo: basse competenze linguistiche e matematiche, bassa produttività, disoccupazione, (de)crescita del Pil, pressione fiscale e debito pubblico alle stelle. Non è bastato a consolarci il rapporto “Doing Business 2014” rilasciato il 28 ottobre dove l’Italia, in termini di competitività, è sì salita dal 73mo al 65mo posto su 189 Paesi, ma resta comunque fanalino di coda tra quelli avanzati.

Non tutto è perduto, però: in questo post vogliamo concentrarci su quanto di buono c’è nel nostro Paese e porre sotto la lente quegli ambiti in cui italianità fa rima con competitività.

I primati italiani

Per avere un’idea dei settori economici che godono di buona salute, basta dare uno sguardo al saldo della bilancia commerciale (differenza tra esportazioni e importazioni; fonte Istat). Prima consolazione: tra gennaio e agosto 2013 il saldo è stato positivo (esportiamo più di quanto importiamo) e pari a € 19.227 milioni. I settori che sono andati meglio appartengono tutti al macrosettore del manifatturiero. Ecco la top ten.

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settori-italiani-che-vanno-bene-su-cui-investire Al di là del saldo commerciale, nel Belpaese sono presenti altri settori che vantano dei primati, come emerge sfogliando il rapporto “I.T.A.L.I.A. Nuove geografie per il made in Italy”, realizzato da Fondazione Symbola, Unioncamere e Fondazione Edison.

  • Turismo. Abbiamo il maggior numero di turisti extraeuropei. Nel 2011, con 387 milioni pernottamenti, l’Italia si è classificata terza in Europa per numero complessivo di pernottamenti di turisti stranieri e residenti, preceduta da Francia e Spagna.
  • Agroalimentare. Siamo primi al mondo per numero di prodotti registrati tra Dop (Denominazione di origine protetta), Igp (Indicazione geografica protetta) e Stg (SpecialitĂ  tradizionale garantita) e per numero di produttori biologici a livello europeo (piĂą di 48 mila). Una menzione a parte merita il valore aggiunto per ogni ettaro di terra: il doppio di Francia, Germania e Spagna e il triplo della Gran Bretagna. Siamo undicesimi al mondo per valore esportato, ma in 13 produzioni, delle 70 monitorate abbiamo, la leadership globale.
  • Robotica. In questo settore siamo primi per applicazioni nel settore automobilistico, mentre l’Istituto di bio-robotica dell’UniversitĂ  di Pisa è uno dei leader mondiali nella ricerca in quest’ambito.
  • High tech. Il nostro Paese è ai primi posti nelle classifiche mondiali per la produzione di semiconduttori e di memorie per dispositivi high-tech.
  • Arte e cultura. Questo settore incide per il 9,3% sulle esportazioni nazionali grazie soprattutto ad artigianato, design e produzione di stile. Anche in quest’ambito il saldo della bilancia commerciale è positivo: nel 2012 è stato pari a 22.703 miliardi di euro.

Come investire nelle eccellenze del made in Italy

Insomma ci sono, eccome, piccole e medie imprese italiane che resistono alla crisi e competono in modo eccellente nei mercati internazionali, nonostante il sistema Italia non sia particolarmente incoraggiante.

Per gli amanti del tema PMI e made in Italy, abbiamo costruito Made in Italy, un portafoglio contenente 5 titoli di eccellenze italiane, tutte accomunate dalle seguenti caratteristiche: un buona dose di fatturato è generato all’estero, utili in crescita e/o buoni giudizi degli analisti, dividend yield superiori alla media di mercato e un basso rischio di default (sintetizzato con lo z-score di Altman).

L’unico inconveniente di queste società e che hanno una bassa capitalizzazione, non sono molto liquide e richiedono dunque un profilo di rischio più alto da parte dell’investitore (vuoi conoscere il tuo? Fai il Test del DNA finanziario). Per questa ragione consigliamo di investire su di loro una piccola quota del proprio patrimonio (ad esempio: 5%).

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