A partire dal 1 ottobre 2017 sarà aumentata dell’83% circa la busta paga dei carcerati che lavorano.
Le mansioni lavorative sono svolte per l’amministrazione penitenziaria (manutenzione degli edifici, pulizie, cucina) o per conto di cooperative che hanno spostato parte della loro produzione oltre le sbarre e prevedono 6 ore di lavoro giornaliero per 5 giorni alla settimana, a fronte di uno stipendio pari a circa 1.000 euro, più tredicesima, quattordicesima e versamento dei contributi.
Il medesimo aumento porta la media retributiva a 7 euro l’ora, vale a dire in buona sostanza quanto prende un agente della polizia carceraria.
La denuncia è partita anche dal un consigliere della Regione Lombardia Fabio Fanetti del gruppo Maroni Presidente, che si dichiara pure d’accordo sul tutelare i detenuti e favorire il loro recupero sociale anche attraverso il lavoro, ma ritenendo tutto questo un’esagerazione.
Non è tutto. Come sottolinea al quotidiano “La Verità” Donato Capece, segretario generale del Sappe (Sindacato autonomo di polizia penitenziaria):
“i carcerati sono ospitati gratis in carcere, mentre gli agenti della penitenziaria sono costretti a pagarsi anche il posto letto in caserma ed hanno gli stipendi bloccati da 10 anni. Come se non bastasse, chi dei carcerati è impiegato viene messo in cassa integrazione ogni 6 mesi, per garantire a tutti loro un’alternanza e la possibilità di lavorare. Tanto qui paga sempre Pantalone.”
In Lombardia, sommando le 18 carceri, ci sono 8.309 detenuti; fra loro, 1.964 (di cui 1.035 stranieri e 157 donne) lavorano come dipendenti dell’Amministrazione penitenziaria mentre sono solo 701 (di cui 229 stranieri) quelli che in lavorano per imprese o cooperative esterne.
Il “trattamento rieducativo” viene usato per permettere ai detenuti di reinserirsi nella vita sociale del paese e anche a sostenere la famiglia rimasta a casa; in un anno circa 10.175 carcerati (circa 1 su 4) viene ammesso a questa pratica e costa allo Stato, ovvero ad ogni singolo cittadino che paga le tasse, circa 160 euro al giorno.
Continua poi Capece portando l’esempio tedesco:
“in Germania il detenuto che lavora prende 87 centesimi all’ora e si paga anche la corrente che usa. Anche gli agenti lavorano 6 ore, ma sono costretti a fare gli straordinari per tappare i buchi causati dalla carenza di organico; Straordinari che tra l’altro non sempre vengono pagati.”
Ciliegina sulla torta sono stati poi gli aumenti dei ricorsi in tribunale basati sulla legge secondo cui gli stipendi devono essere adeguati “ai due terzi della retribuzione stabilita agli altri lavoratori della stessa categoria dal contratto collettivo nazionale in vigore”; ciò ha visto quasi sempre lo Stato essere condannato a pagare risarcimenti dai 2mila ai 20mila euro: un vero e proprio salasso.
Da non dimenticare infine il risarcimento di 8 euro al giorno ad ogni detenuto previsto dall’UE come indennizzo al sovraffollamento delle carceri e gli sgravi fiscali previsti dallo Stato italiano per le aziende che assumano lavoratori carcerati.
Lo stesso Stato che dice di non avere soldi per le forze dell’ordine, per la sanità e le pensioni si mette invece a fare queste manovre.
Con tutti i problemi relativi alle famiglie che vivono nella soglia di povertà, alla disoccupazione ed in particolare a quella giovanile, questo provvedimento risulta un trattamento iniquo che offre una seconda possibilità (per quanto giusta possa essere) a chi ha sbagliato, prima di offrirne una a chi si è sempre comportato correttamente.
Lo stesso governo, un ministro del quale sta facendo un mezzo sciopero della fame per lo Ius Soli, non dice una sola parola in merito ai soldi raccolti con gli sms solidali per i terremotati (qualche milione di euro) che non sono ancora arrivati a destinazione e, peggio ancora, sembrano essere spariti (tra tutte le banche disponibili, i fondi erano stati fatti tenere in cassa alla Monte dei Paschi di Siena, prossima al fallimento e nota per i ripetuti buchi finanziari).
Non sarebbe forse il caso di rivedere totalmente le priorità del Paese?
“Ahi serva Italia, di dolore ostello,
nave sanza nocchiere in gran tempesta,
non donna di province, ma bordello” (Dante Alighieri)