Dopo il superamento dell’esame Standard & Poor’s, l’Italia si appresta ad affrontare il secondo giudizio da parte delle agenzie di rating. Stasera, a mercati chiusi, sarà la canadese DBRS a rilasciare il proprio verdetto sul merito creditizio del Belpaese.
S&P conferma il rating e l’outlook
Venerdì scorso S&P Global Ratings ha lasciato inalterato il rating BBB dell’Italia, mantenendo l’outlook stabile. Le prospettive stabili bilanciano la visione di “un consolidamento di bilancio più lento di quanto precedentemente previsto, anche a causa dell’aumento dei pagamenti di interessi sull’ampio debito pubblico, con il significativo stimolo economico che i fondi UE dovrebbero fornire.”
L’agenzia prevede un rallentamento della crescita nel 2023 e nel 2024. Entro il 2025, però, l’Italia tornerà a crescere più dell’1% grazie soprattutto ai fondi del piano Next Generation EU.
Per S&P, gli interessi in percentuale del PIL raggiungeranno il 4,2% l’anno prossimo, rispetto al 3,6% del 2021, mentre il deficit di bilancio per il 2023 è previsto al 5,5% del PIL.
L’agenzia ha sottolineato che “il debito dell’Italia e la sua sensibilità alle condizioni del mercato resteranno su livelli elevati” e avverte che potrebbe “abbassare i rating nel caso in cui la traiettoria di bilancio del Governo si discostasse significativamente dai suoi obiettivi.”
I prossimi verdetti delle agenzie di rating
Dopo Standard & Poor’s, come detto, stasera a mercati chiusi toccherà a DBRS rilasciare il proprio giudizio, confermato a BBB high con outlook stabile lo scorso aprile. Le attese sono per una conferma del rating, con solo un’eventuale possibile abbassamento dell’outlook nello scenario peggiore.
Il 10 novembre sarà la volta di Fitch, che a maggio ha ribadito lo score BBB con outlook stabile.
La data da cerchiare in rosso sul calendario è il 17 novembre, giorno in cui si conoscerà la valutazione di Moody’s. A maggio l’agenzia ha rinviato l’aggiornamento del rating, attualmente fissato a Baa3 con outlook negativo, minacciando una revisione al ribasso e dunque un declassamento del debito italiano a “spazzatura”.
Infine, il 1° dicembre verrà reso noto il giudizio di Scope, che a luglio ha mantenuto inalterata la raccomandazione BBB+ con outlook stabile.
Moody’s: possibile declassamento del rating a “spazzatura”
Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha cercato di rassicurare gli investitori in merito ad una possibile revisione al ribasso del rating italiano, sottolineando la forza dell’economia e il dialogo costante con le agenzie, pur ammettendo i rischi legati al grande debito pubblico.
Il giudizio di S&P, in programma questa settimana, non sembra destare eccessive preoccupazioni, visto che il rating si colloca due “notch” (ovvero due gradini) più in su del livello spazzatura (“junk”).
Il pericolo principale sembra invece essere Moody’s, che valuta il merito creditizio dell’Italia appena al di sopra della soglia che separa “investment” e “speculative” grade.
Pertanto, un declassamento potrebbe avere ripercussioni importanti sulla percezione del rischio Paese sui mercati finanziari, con un potenziale rialzo dei rendimenti dei titoli di Stato e un ampliamento dello spread Btp-Bund.
Fitch: da Nadef “allentamento politiche fiscali”
Nei giorni scorsi Fitch ha espresso alcune osservazioni in merito alla Nadef, che secondo l’agenzia prevede un “significativo allentamento della politica fiscale rispetto agli obiettivi precedenti”.
In particolare, gli esperti hanno peggiorato le previsioni sul deficit, atteso al 5,2% del Pil nel 2023 e al 4,2% nel 2024, target vicini ai nuovi obiettivi del governo, principalmente a causa dei costi del Superbonus. Anche gli obiettivi di disavanzo per gli anni a seguire “sono stati allentati” fino al 2,9% del 2026.
Inoltre, stimano una diminuzione più moderata del debito, con un rapporto rispetto al Pil in calo di 1,3 punti percentuali al 140,3% quest’anno, meno dei 2,2 punti percentuali stimati a maggio. Invece che scendere, poi, il debito dovrebbe stabilizzarsi al 140% del Pil nel 2025.
La previsione di un calo graduale al 139,6% nel 2026 include anche i proventi delle privatizzazioni pari all’1% del prodotto interno lordo, un piano “ambizioso” secondo Fitch.
Scope: a rischio acquisti Btp da Bce
Anche gli analisti di Scope hanno espresso preoccupazione per l’elevato indebitamento pubblico e per la crescita più debole dell’economia italiana.
Secondo l’agenzia, un ulteriore deterioramento dei conti pubblici potrebbe indebolire il profilo di credito del Paese e compromettere l’idoneità dei titoli di Stato italiani ad essere acquistati dalla Bce attraverso il meccanismo Tpi. Inoltre, Scope prevede nel 2024 una crescita del Pil ferma allo 0,8%, molto inferiore all’1,2% stimato dal governo nella Nadef.
Secondo l’agenzia, l’elevato debito pubblico dell’Italia, il basso potenziale di crescita e la continua posizione restrittiva della politica monetaria della Bce evidenziano la necessità di accelerare l’attuazione delle riforme e degli investimenti NGEU, rispetto alla quale il governo stima ora una concentrazione della spesa nel 2025-26.