NEW YORK (WSI) – Le trattative in corso sulle spese e i margini di flessibilità sul deficit tra Italia e Unione Europea stanno andando alla deriva.
Il governo chiede di poter spendere lo 0,4% del Pil in più di quanto previsto dal Patto di Stabilità europeo: lo 0,2% per la ricostruzione delle zone colpite dal terremoto e un altro 0,2% per la crisi dei rifugiati, due ragioni che l’esecutivo reputa debbano essere considerate estranee alle regole di bilancio.
I rappresentanti del governo Renzi e quelli di Bruxelles non hanno trovato tuttavia nessun punto d’incontro ieri. I negoziati sembrano essersi arenati non solo sulla questione delle spese extra da includere in bilancio: i presenti non hanno ancora trovato un accordo su come rivedere le previsioni macroeconomiche dell’Italia alla luce di una crescita in frenata.
Ecco perché il varo della Nota di Aggiornamento della manovra finanziaria – tra i 22 e i 25 miliardi di euro – è stata rimandato di 24 ore: la luce verde da parte dei ministri dovrebbe arrivare stasera.
Il premier Matteo Renzi ha confermato che le due parti sono ancora lontane: “Non vogliamo che i soldi spesi sui migranti e sul terremoto, in particolare per le scuole, vengano conteggiati nel Patto di Stabilità”, ha detto a Rete 4. “Questo lo abbiamo detto e lo facciamo“.
Le autorità europee dovrebbero accordare in linea di massima all’Italia un nuovo obiettivo di crescita dell’1-1,1% nel 2017 e un deficit pari al 2-2,1% del Pil. Ma Bruxelles non ha intenzione di fare concessioni sui 6,5 miliardi di euro per le spese legate al terremoto, che l’esecutivo pretende vengano esclusi dal Patto di Stabuilità e spostati in una categoria speciale prevista per le “circostanze straordinarie”.
Idem per le spese dedicate alla risoluzione della crisi dei migranti. Insieme le due voci in uscita farebbero salire il deficit al 2,4-2,5% del Pil. È su questi due nodi che le trattative sembrano essersi arenate.
Il Tesoro ha anche fatto una proposta alternativa all’Europa, ma nemmeno questa ‘soluzione intermedia’ che prevede di limitare le richieste di ulteriore flessibilità di bilancio allo 0,2% del Pil ha convinto Bruxelles.
L’Unione Europea continua a porre l’accento su altre due questioni calde: gli eventuali aggiustamenti del deficit strutturale e la mancanza di progressi sul fronte della riduzione del debito pubblico.
Sull’ultimo aspetto il governo è indifendibile: la spending review è stata un mezzo flop, l’obiettivo prefissato con le privatizzazioni non è stato raggiunto, la spesa pubblica è sempre molto alta e il deficit è visto crescere l’anno prossimo di pari passo con una crescita economica che rimarrà ferma.
“Sulla curva del rapporto fra debito e Pil – spiega Il Sole 24 Ore – sarà anche determinante il livello della spesa per interessi che il governo aggiornerà nella Nota, e che sta beneficiando del freno agli spread posto dal quantitative easing realizzato dalla Banca centrale europea“.
Il Pil è destinato a deludere l’anno prossimo. Il ritmo di espansione del Pil tendenziale dello 0,6-0,7% e le ultime previsioni programmatiche (1-1,1%) sono inferiori all’1,4% previsto dal Documento di Economia e Finanza (Def) di aprile. Nel 2016, invece, la crescita sarà rivista allo 0,8-1%, mentre il deficit è stimato al 2,4%-2,5%.
La situazione è complicata, ma sullo slittamento di un giorno della Nota di Aggiornamento al Def, il sottosegretario Claudio de Vincenti ha cercato di calmierare gli animi precisando che mancano solo gli ultimi ritocchi per completare il documento. L’impostazione è consolidata e mancano ormai solo “le ultime messe a punto”.
Da queste trattative dipenderanno tutte le misure sulla piano per le pensioni, quelle fiscali sulle partite Iva, e sul rinnovo del contratto degli statali, tutti aspetti importanti su cui il governo sta lavorando in vista della legge di bilancio.