ROMA (WSI) – In un’intervista al ministro Federica Guidi, le è stato chiesto se condivide quanto detto da Romano Prodi, in un editoriale sul Messaggero, circa il fatto che l’Italia naviga letteralmente su un mare di petrolio che potrebbe permettere di raddoppiare a 22 milioni di tonnellate la produzione nazionale. Ma l’immobilismo di Roma sta lasciando alla sola Croazia lo sfruttamento di queste risorse, localizzate soprattutto in Adriatico. Condivide?
«L’analisi del presidente Prodi mi sembra assolutamente condivisibile. È una realtà. Abbiamo importanti giacimenti in diverse zone del Paese, molto spesso localizzate nelle regioni più svantaggiate del Mezzogiorno, che purtroppo sono fortemente sotto utilizzate».
Eppure, secondo Prodi, sarebbe utile sfruttarle, anche perché l’Italia ancora dipende per l’80 per cento del suo fabbisogno energetico dalle importazioni…
«Sono reduce dal G7 sull’energia che si è tenuto solo pochi giorni fa. Anche in quel contesto tutti i grandi paesi industrializzati hanno riconosciuto l’importanza della diversificazione delle fonti e delle rotte di approvvigionamento puntando innanzitutto su quelle indigene. In un Paese come il nostro, fotovoltaico, eolico, rinnovabili possono essere importanti, ma altrettanto lo sono il gas e il petrolio di cui siamo discretamente ricchi».
Perché non riusciamo a sfruttare queste fonti?
«I problemi sono vari e ormai sedimentati. C’è un’avversione che si è creata nel corso degli anni, in parte giustificata e in parte no, nei confronti dei rischi ambientali dovuti al fatto di avere vicino casa estrazioni di petrolio e gas».
Eventuali rischi che correremo comunque se a perforare a poche miglia dalle nostre coste fossero i croati, non crede?
«Certo. Credo anche che molte popolazioni interessate non siano sufficientemente informate e in alcuni casi non abbiano nemmeno avuto visibili quei vantaggi economici che credo doveroso vadano riconosciuti. Così si è accentuata la diffidenza verso questi argomenti».
Che cosa pensate di fare per risolvere queste difficoltà?
«Il sostegno convinto alla sicurezza energetica del Paese è una delle priorità di questo governo. Io stessa mi sono data l’obiettivo di mettere tutte le risorse e tutte le forze in campo. Ovviamente i problemi ci sono, come dimostrano le proteste sul Tap, il nuovo gasdotto transadriatico che collegherà la Grecia all’Italia portando il gas dell’Azerbaijan,sul quale abbiamo confermato il nostro impegno. Abbiamo ribadito più volte che riteniamo importante anche svolgere un’azione di supporto a livello europeo per avviare rapidamente anche i lavori del South Stream, che permetterebbe una differenziazione nell’approvvigionamento del gas russo rispetto all’unico gasdotto che passa dall’Ucraina. Come credo sarà importante e oggetto della nostra presidenza europea, l’impegno per le infrastrutture che potrebbero aumentare la capacità di ricevere gas da paesi del Nord Africa».
Questo basterebbe a migliorare la nostra sicurezza energetica, considerando la crisi Ucraina e le tensioni in Libia, due dei nostri principali fornitori?
«Non solo migliorerebbe la sicurezza energetica, ma anche il trade-off dei prezzi e farebbe diventare l’Italia, anche grazie alla sua straordinaria posizione geografica, un hub strategico per il gas».
Nel suo elenco non ha citato però lo sfruttamento delle riserve nell’Adriatico.
«Per l’Adriatico è stato emanato nel 2013 un decreto di rimodulazione delle aree marine aprendo nuovi spazi di ricerca. Abbiamo insomma disciplinato dove è possibile intervenire e dove no. Tutto questo in attesa del recepimento della direttiva europea del 2013 sulla sicurezza delle operazioni in mare nel settore degli idrocarburi. Questo perché come Italia dobbiamo pretendere il massimo livello di sicurezza ambientale. Abbiamo industrie italiane che ne sarebbero valorizzate. Non possiamo sottovalutare questo aspetto».
Ma mentre noi aspettiamo il recepimento della direttiva europea la Croazia va avanti. Entro fine anno le concessioni saranno assegnate e i lavori cominceranno. Ci conviene?
«Ovviamente tutto questo non deve essere un alibi per non fare nulla. La moratoria in attesa della direttiva è stata una mediazione passata al vaglio delle commissioni parlamentari. Credo che si possa fare di più e meglio. Nel frattempo credo che insieme al ministro dell’Ambiente possiamo arrivare rapidamente al recepimento per evitare che questa moratoria ci faccia perdere ulteriori opportunità. Dato che tutto il mondo lo fa, non capisco perché dovremmo precluderci la possibilità di utilizzare queste risorse, pur mettendo la tutela dell’ambiente e della salute al primo posto».
Cambiamo tema. Il ministro Padoan ha annunciato per giugno un pacchetto di interventi per le imprese. Siete coinvolti?
«Sì, c’è un tavolo comune».
Di che tipo di misure si tratta?
«Stiamo ragionando su interventi a sostegno della crescita, per nuovi investimenti, e per favorire la crescita dimensionale e la patrimonializzazione in particolare per le Pmi».
Nel pacchetto ci sarà anche il taglio del 10 per cento delle bollette?
«Stiamo valutando se inserire le norme relative in questo pacchetto che mi piacerebbe chiamare competitività».
E’ vero che allungherete da 20 a 25 anni le concessioni del fotovoltaico per ridurre gli incentivi e finanziare il taglio delle bollette?
«È uno dei temi che rimane aperto, stiamo ragionando su diverse soluzioni, ma è evidente che si devono rimodulare alcune rendite finanziare eccessive per dare ossigeno alle piccole e medie imprese. Nessuno ha però interesse a sfasciare il settore, la misura non è ancora chiusa».
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