ROMA (WSI) – Il lavoro in Italia è super tartassato dal carico delle tasse arrivate a crescere negli ultimi cinque anni di 1,8 punti percentuali, passando dal 47,2% del 2010 al 49% dell’anno scorso. Alert per i lavoratori dipendenti, che si vedono praticamente decurtata la metà della busta paga che percepiscono.
A fornire i dati sul cuneo fiscale è l’Ocse, l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico le cui tabelle mostrano come l’Italia abbia mantenuto negli ultimi 5 anni il quinto posto su una classifica di 34 paesi. Rispetto alla media dei paesi Ocsehe si ferma al 35,9%, il fisco italiano sulle buste paga è arrivato ad essere del 13,1% più pesante. Negli anni la forbice si è andata allargando di un punto percentuale (nel 2010 era del 12,1%). Viene da chiedersi dove sia quella diminuzione di carico fiscale, di cui il premier Renzi va parlando.
Sono solo quattro i paesi che hanno un carico fiscale sul lavoro più alto del nostro e questi paesi sono il Belgio, l’Austria, la Germania e l’Ungheria. Ma guardando al di là dei meri numeri, si comprende il perché in questi paesi il carico fiscale sul lavoro sia più alto.
I lavoratori di Berlino, Vienna e Bruxelles hanno più decurtazioni in busta paga ma sopperiscono queste lacune potendo contare, cosa che non avviene in Italia, su un welfare funzionante ed efficiente. Senza considerare che negli altri Paesi il carico delle tasse è più alto ma più alte sono anche le retribuzioni.
Basti pensare che in Belgio, dove la tassazione arriva al 55,3%, il reddito netto arriva a 33.132 dollari; in Austria, dove il cuneo fiscale tocca il 49,5%, il reddito è pari a 34.869 dollari. Mentre in Germania, dove il prelievo è del 49,4%, il salario è di 36.194 dollari. Unica eccezione è l’Ungheria, dove viene applicata una tassazione del 49% che lascia nella busta paga solo 15.922 dollari.
In Italia i dati sui salari non sono certo confortanti. Nel nostro paese il salario risulta inferiore di 3.074 dollari rispetto alla media dei paesi Ocse: 27.808 dollari contro 30.882 dollari. Ai dati statistici si aggiunge la penalizzazione della produttività e la crisi che hanno dato il colpo di grazia alle buste paga.