Roma – In Italia i dieci individui più ricchi posseggono una quantità di ricchezza che è all’incirca equivalente a quella dei 3 milioni di italiani più poveri. Un dato questo che ”esemplifica il divario che anche in un paese sviluppato come il nostro separa i ricchi dai poveri”. E’ quanto emerge in un ‘Occasional Papers’ della Banca d’Italia intitolato ‘Ricchezza e disuguaglianza in Italia’.
La disuguaglianza nella distribuzione della ricchezza, si rileva, ”è in effetti assai più pronunciata di quella sul reddito. Considerando l’ultimo anno per cui è disponibile il dato definitivo, il 2008, si verifica che l’indice di Gini della ricchezza netta è pari a circa 0,63 contro lo 0,29 che si osserva per il reddito equivalente; il 10% delle famiglie più ricche possiede oltre il 40% dell’intero ammontare di ricchezza netta mentre il 10% delle famiglie a più alto reddito riceve invece solo il 27% del reddito complessivo”.
La top 10 degli italiani più ricchi
Secondo stime provvisorie, nel 2010 l’indice di Gini sarebbe lievemente cresciuto, presumibilmente a causa degli effetti della grande recessione. Nell’87, primo anno per il quale si dispone dei dati micro, si sottolinea, le famiglie con persone di riferimento costituite da operai e pensionati presentavano i livelli più bassi di ricchezza netta familiari, pari a circa il 60% dell’ammontare medio; a livello territoriale, le famiglie più svantaggiate risultavano quelle meridionali, con valori medi di circa il 30% inferiori a quello delle famiglie residenti nel Centro e nel Nord.
Le famiglie più ricche erano invece quelle dei liberi professionisti, imprenditori e lavoratori autonomi e quelle dei dirigenti, con valori medi pari a circa il doppio della media generale. Tra il 1987 e il 2008 le famiglie di operai registrano una caduta nei loro livelli di ricchezza media, che passa dal 60 al 45% del livello medio generale. Un calo caratterizza anche l’andamento della ricchezza delle famiglie di liberi professionisti, che tuttavia rimangono su livelli medi molto elevati (l’indice passa circa da 250 a 200); analogamente le famiglie di imprenditori e di altri lavoratori autonomi perdono qualcosa in termini relativi, ma rimangono sempre su livelli elevati (indice da 183 a 153).
La categoria che, per contro, registra uno notevole miglioramento nei livelli medi di ricchezza è quella dei pensionati, che passa da un indice di 61,6 a 97,8, raggiungendo quasi la media dell’intera popolazione. ”Lo studio di Bankitalia fotografa una realtà drammatica e preoccupante sulla quale il governo Monti dovrebbe avviare una seria riflessione, invece di accanirsi su battaglie ideologiche come quella sull’articolo 18 – ha affermato Antonio Borghesi, vicepresidente dei deputati di Idv – Le differenze tra ricchi e poveri sono ormai intollerabili, così come il conflitto generazionale in termini di reddito tra padri e figli”.
Duro il commento di Massimo Rossi, portavoce nazionale della Federazione della Sinistra: ”Il governo Monti ha scelto di aumentare le tasse a tutti, soprattutto ai più poveri e ai lavoratori, e di non fare invece la patrimoniale che colpisce la grandi ricchezze. Questo è il governo di pochissime persone, ma non di certo della minoranza delle ricchezze”.