ROMA (WSI) – In previsione della pubblicazione dell’ultimo report sulla disoccupazione europea e italiana, che a fine mese farà il punto della situazione per il 2013, vale la pena analizzare nel dettaglio il caso drammatico dell’Italia.
In Eurozona nessun altro Stato conta il gruppo più nutrito di persone disoccupate che non risultano nelle statistiche ufficiali del lavoro dell’Istituto nazionale di statistica, perché hanno smesso di fare domande di lavoro o di ricevere sussidi di disoccupazione.
Si tratta di persone (e sono tante, 4 milioni e 200 mila) che vorrebbero avere un lavoro, ma che hanno rinunciato a cercarlo o che non lo cercano più, perché gli stipendi sono da fame.
Se si tenesse conto anche di questo esercito di rassegnati, il tasso di disoccupazione sarebbe pari a circa il doppio della percentuale ufficiale (ovvero del 24% e non del 12,7% come riportato in dicembre per il mese di novembre).
A dicembre gli economisti prevedono un tasso di disoccupazione del 12,1% in Eurozona, con circa 19 milioni di senza lavoro. Ma questa percentuale non prende in considerazione quelli che hanno smesso di fare domande di impiego. Secondo i calcoli di Bloomberg Bloomberg, nel terzo trimestre ben 31,2 milioni di cittadini di tutte le età sono senza un lavoro, compresi i “rassegnati”.
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Secondo l’ultimo studio condotto dalla Banca d’Italia sui bilanci dei singoli nuclei familiari, metà delle famiglie ha un reddito sotto i 2mila euro al mese.
Nel 2012 il 20% dei nuclei familiari “ha un reddito netto annuale inferiore a 14.457 euro (circa 1.200 euro al mese), mentre la metà ha un reddito superiore ai 24.590 euro (circa 2mila euro al mese). Il 10% delle famiglie a più alto reddito percepisce più di 55.211 euro”.
Negli Stati Uniti in molti hanno festeggiato con troppa fretta la flessione del tasso di disoccupazione al 6,7%. Ma da quando è scoppiata la crisi subprime, la percentuale calcolata tenendo conto della vera forza lavoro, è rimasta stabile intorno all’11,5%. Il gap (4,8%) tra i due tassi ha raggiunto il record di sempre di 4,8%. Il calo del tasso della partecipazione alla forza lavoro avviene di pari passo con l’aumento del numero di persone che non fa più parte della forza lavoro. Nelle statistiche ufficiali che le autorità citano per dimostrare che la situazione economica sta migliorando, vengono completamente dimenticate milioni di persone.