È stato lo stesso Luigi Di Maio, vice premier, a preannunciarlo: sarà un autunno molto caldo per l’Italia. Si comincia a fine agosto con i giudizi della agenzie di rating. La terza economia dell’area euro è a soli due gradini dal baratro, ovvero dal giudizio degradante di “junk”, spazzatura. Fitch (31 agosto), Moody’s (31 ottobre), Standard & Poor’s (26 ottobre) e DBRS si pronunceranno sulla qualità del credito italiano tra il 31 agosto, metà settembre e fine ottobre.
In caso di downgrade, verranno a mancare gli investimenti dei grandi fondi pensione e della Bce e per l’Italia saranno guai, perché aumenterebbe il pericolo di essere presi di mira dagli speculatori. Moody’s ha rinviato il suo giudizio a dopo la pubblicazione della legge di bilancio (la sentenza arriverà entro fine ottobre), quindi per avere un’idea di quali potrebbero essere i pareri delle agenzie internazionali si può fare riferimento a quanto affermato l’8 giugno da Scope Ratings.
Pur confermando il rating di A- sulla qualità del credito italiano, la società ha rivisto l’outlook a negativo. La revisione in peggio delle prospettive sull’Italia deriva da una serie di fattori, tra cui i cambiamenti di scenario politico in Italia, che “aumentano i dubbi circa la volontà e la capacità dei governi presenti e futuri di risolvere i problemi strutturali significativi del paese” e il programma politico economico del governo, che potrebbe deteriorare la situazione già precaria di sostenibilità del debito.
Fine dicembre: fine del Quantitative Easing
Se l’attacco sui mercati dovesse coincidere con il venire meno degli acquisti di titoli di Stato da parte della Bce, previsto per i primi giorni del 2019, per l’Italia sarebbero guai seri. È anche per queste ragioni che alcuni esponenti del governo, il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Giancarlo Giorgetti e il presidente della Commissioni Bilancio alla Camera Claudio Borghi in primis, hanno lanciato un appello a Mario Draghi perché la Bce vada in auto dei paesi più vulnerabili dell’area euro, magari mettendo a punto uno scudo anti Spread.
Dopo la riduzione della portata nel quarto trimestre di quest’anno (a 15 miliardi mensili da 30 miliardi), il programma di Quantitative Easing con cui la Bce ha comprato fino ad oggi più di 2mila miliardi di euro di titoli di Stato della zona euro finirà in cantina in dicembre. A partire dal primo gennaio 2019 l’istituto di Francoforte lascerà scadere i titoli che ha acquistato e i governi che hanno bisogno di finanziamenti dovranno vedersela con I mercati. Un problema che per l’Italia risulta particolarmente grave alla luce della recente diffidenza degli investitori stranieri sui Btp (quasi 70 miliardi venduti tra maggio e giugno) e del rischio di un downgrade delle agenzie di rating.
Da gennaio dell’anno prossimo il Tesoro sarà chiamato a rifinanziare ben 380 miliardi di nuovi titoli quasi esclusivamente sui mercati: significa che potrebbe pagare molto caro un incremento degli interessi sul debito. Le banche italiane – grandi acquirenti di debito nostrano – non potranno fare tutto il lavoro da sole. Senza la stampella della Bce I privati ne acquisteranno 200 miliardi esigendo con ogni probabilità un premio di rischio Paese più elevato
Fine settembre: legge di bilancio
Il cosiddetto “Def update” dovrà essere presentato entro il 27 settembre. L’incremento degli stimoli fiscali rischia di portare l’Italia allo scontro frontale con le autorità europee. In più di un’occasione Di Maio e Matteo Salvini, i due vice premier, hanno fatto cenno alla possibilità di sforare il tetto sul deficit e di non voler rispettare i vincoli di bilancio a tutti costi, specie se questo significa mantenere le promesse fatte al corpo elettorale prima delle elezioni dello scorso marzo, tra cui flat tax, revisione della Legge Fornero e “reddito di cittadinanza” (che poi è un reddito minimo garantito).
Inoltre nel mese di settembre il governo giallo verde dovrà trovare un modo per racimolare i soldi necessari a scongiurare un aumento automatico di due punti dell’IVA nel 2019 (si parla di 12,5 miliardi di euro) e colmare il buco che creeranno 24 miliardi di euro di Btp in scadenza. L’impressione è che il governo abbia grandi ambizioni, ma che avendo un margine di manovra limitato dal punto di vista fiscale, finirà per adottare le iniziative promesse con molta moderazione.
“Una piena implementazione del programma di governo superiore ai 100 miliardi di euro (pari al 5,8% del Pil), è improbabile”, secondo Scope Ratings, ma una serie di misure ‘popolari’ sono destinate a essere incluse, sebbene in maniera graduale. Spese allegre pari all’1-1,5% del Pil, come lasciano intendere le dichiarazioni dei leader di governo, porterebbero a un incremento del deficit rispetto a quello previsto dalle legislazione in corso. La legge finanziaria sarà approvata prima delle festività di fine anno.
Metà ottobre: possibile richiamo dell’UE
Entro il 15 ottobre il governo presenterà ufficialmente il disegno di legge di bilancio e trasmetterà alle autorità europee il cosiddetto Documento programmatico di bilancio (Dpb). Se le misure di espansione fiscale non saranno bilanciate da piani di rientro del deficit, è possibile che l’Italia verrà richiamata. In quel caso la reazione negativa sui mercati non si farebbe attendere e anche le agenzie di rating potrebbero optare per un declassamento della loro raccomandazione.
Anche dal punto di vista macroeconomico e non solo politico, le prospettive sono poco incoraggianti. Il debito pubblico (al 133,4% del Pil nel primo trimestre, 31 punti base più di 10 anni fa) non dà segno di scendere, mentre il Pil cresce in maniera molto fiacca nonostante il contesto di ripresa economica globale. Sui mercati il risultato dei timori sulla sostenibilità della montagna di passivo statale, il secondo in Europa per dimensione dopo la Grecia, si fanno sentire, specie sul mercato obbligazionario.
La mancanza di fiducia nell’Italia potrebbe rientrare nel caso di giudizi positivi delle agenzie di ratingm una volta che la manovra verrà messa nero su bianco. Ma per il momento la trepidazione si traduce in un allargamento dello Spread sul secondario: non solo con la Germania, prima forza economica d’Eurozona, ma anche con la Spagna. Il differenziale di rendimento con i Bonos ha toccato a fine agosto l’1,76%, il massimo dal 2012, all’apice della crisi del debito sovrano europea. Il tasso del Btp di riferimento, il decennale, è salito al 3,24% il 30 agosto, il livello più alto dal sell-off del 29 maggio.
L’incertezza è grande, ma una cosa su cui si può mettere la mano sul fuoco è che nei prossimi mesi roventi tra i paesi Industrializzati l’Italia rimarrà la grande osservata speciale di mercati, settore privato e governi.