NEW YORK (WSI) – L’Italia, si sa, è sempre stato un paese di risparmiatori e proprietari di case. Ma con tassi di interesse zero e il surplus di risparmi presso le aziende, il fenomeno ha raggiunto livelli senza precedenti e ha toccato tanti altri paesi industrializzati. I cittadini non investono per ottenere rendimenti ridicoli. Le società preferiscono mantenere parcheggiati i loro profitti.
Per capire i motivi principali della depressione dei tassi di interesse dopo la crisi globale del 2007-2009, il Financial Times fa riferimento alla nozione di “savings glut” (letteralmente eccesso di risparmio), cercando di analizzare in particolar modo il comportamento delle imprese. Le aziende generano una percentuale molto alta di investimenti in percentuale. Sono fondamentali per diminuire il rapporto tra risparmi e investimenti.
Nelle sei maggiori economie ad alto reddito del mondo, in testa gli Stati Uniti d’America e poi Giappone, Germania, Francia, Regno Unito e Italia, le società hanno contato nel 2013 per la metà-due terzi degli investimenti lordi totali, con la percentuale più bassa registrata in Italia e quella più alta in Giappone.
Siccome alle società si deve una così grande fetta di investimenti, sono anche i soggetti che in un paese sono maggiormente in grado di risparmiare, ma nel loro caso anche gli utili non utilizzati o distribuiti possono costituire una grande fonte di risparmio.
Così nelle 6 grandi economie globali, i profitti delle imprese hanno generato tra il 40% (ad esempio in Francia) e il 100% (come in Giappone) dei risparmi lordi complessivi messi a disponizione dell’economia del paese.
I risparmi delle aziende che non vengono reinvestiti, calcolati in proporzione al Pil. Dati Ocse
In un’economia dinamica, scrive il Financial Times, “le aziende si servono dei risparmi in eccesso in altri settori, come quelli delle famiglie, per tentare di generare una domanda vivace e aumentare i livelli di offerta”. Se gli investimenti sono bassi e i profitti sono alti, tuttavia, le imprese finiscono stranamente per divenatare il settore che gioca il ruolo di finanziatore dell’economia.
È quello che sta accadendo negli ultimi anni. Il risultato è un mix tra deficit di bilancio, deficit delle famiglie e deficit delle partite correnti. Così in Giappone il deficit di bilancio è compensato con le enormi eccedenze da parte delle aziende, in Germania i deficit dei conti capitali sono anch’essi compensati dalle eccedenze delle aziende.
Tenendosi stretti i profitti e i risparmi, le aziende hanno così contributo in modo sostanziale a generare il saving glut di cui si parlava prima, un surplus di risparmio che non fa bene all’economia. L’eccesso di risparmi solo in Giappone è vicino all’8 per cento del prodotto interno lordo. Solo in Francia gli investimenti superano i risparmi.
È un fenomeno che era presente anche prima della crisi. Come si è visto, a causare l’aumento nell’eccedenza di risparmio delle aziende è in primo luogo la carenza di investimenti. Perché si dice che gli investimenti delle imprese sono strutturalmente deboli? La causa principale è da ricercarsi nell’invecchiamento della società da una parte e in un abbassamento delle prospettive di crescita, che riduce inevitabilmente anche il livello degli investimenti.
Un’altra causa è la globalizzazione che comporta la delocalizzazione degli investimenti in uscita dai paesi con un’economia forte. Senza contare poi l’innovazione tecnologica. La maggior parte degli investimenti aziendali avviene nel settore IT, dove i prezzi sono al collasso. Nei soli Stati Uniti il rapporto tra investimenti aziendali e profitti incassati è calato in maniera significativa dal 2000 a oggi.
Se le imprese non sono in grado di investire nemmeno i propri risparmi e profitti, significa che i risparmi nel resto dell’economia giocoforza sono destinati ad avere un valore marginale molto basso. In un contesto del genere non è affatto sorprendente che i tassi di interesse reali siano bassissimi e che i prezzi dei titoli azionari siano invece elevati.
C’era da aspettarselo, però, quindi è inutile lamentarsi, dice il Financial Times. Sul piano politico come può si provare a risolvere il problema? Si potrebbe per esempio imporre una tassa più alta sugli utili che non vengono utilizzati per gli investiemnti.
Fonte: Financial Times