NEW YORK (WSI) – Lo stato di salute del mercato del lavoro italiano potrebbe essere più roseo di quello previsto dall’Istat secondo il quale nel 2015 il numero di lavoratori attivi è cresciuto di 109.000 unità rispetto all’anno precedente.
L’iniezione di ottimismo arriva dalle stime del centro studi Ref – riportate in un’analisti di Luca Trogni per Reuters – secondo il quale , il calo di oltre un terzo del numero di ore di Cassa Integrazione avrebbe fatto tornare al lavoro 127.000 occupati a tempo pieno.
Si tratta di lavoratori che sfuggono alle statistiche ufficiali, in quanto già dipendenti, ma esprimono, come i nuovi assunti, una maggiore domanda di lavoro da parte delle imprese. I nuovi posti di lavoro nel 2015 in Italia (occupazione attiva) sono risultati quindi più del doppio rispetto a quelli delle cifre ufficiali.
Certo, rimangono pur sempre poco meno di 240 mila unità lavorative in più in un anno. Ma è confortante vedere come i posti permanenti siano quelli che hanno registrato la maggiore crescita (+135.000 unità), un “livello che incorpora la stabilizzazione di ex-lavoratori a termine e di ex-partite Iva con mono committente”.
Sgravi contributivi alimentano crescita posti fissi
A sostenere la crescita dei lavoratori permanenti sono stati in gran parte gli sgravi contributivi e – in parte minore – il Jobs act introdotti dal governo Renzi. Due elementi – ricorda sempre Reuters – però gonfiano il numero dei nuovi posti di lavoro permanenti.
“Nel 2016 gli sgravi da un tetto di 8.000 euro l’anno per un triennio si ridurranno a un massimo di 3.250 euro annui per una durata di due anni. Riduzione che avrà spinto ad anticipare alla parte finale del 2015 le assunzioni programmate per i primi mesi del 2016. L’esame per fasce d’età, inoltre, rivela un netto aumento degli ultracinquantenni, mentre diminuiscono gli occupati tra i 25 e i 49 anni, l’ossatura centrale della struttura lavorativa”.
Rimangono – si legge infine nell’analisi – alcuni segnali positivi, come il tasso di disoccupazione calato ai livelli di fine 2012 e un aumento dei lavoratori attivi, tenendo conto appunto dei “cassintegrati tornati in fabbrica, attorno all’1%”.
Fonte: Reuters