ROMA (WSI) – L’Italia ha un motore che gira molto al di sotto del suo potenziale; lo mostra una simulazione della direzione generale per gli affari Economici e finanziari della Commissione Europea che indica in quali ambiti sarebbe opportuno intervenire per favorire la produttività sul lungo periodo. Il risultato di questi aggiustamenti mirati garantirebbe, da solo, un aumento del Pil superiore al 23% entro il 2050.
Lo studio, condotto dal responsabile del desk Italia Dino Pinelli e dagli ungheresi Istvàn Szekely e Janos Varga, mette in luce come, nel confronto con i paesi Ocse duranti gli ultimi anni, il nostro paese abbia visto aumentare il suo distacco nelle aree del capitale umano, nella struttura della tassazione e nell’innovazione. Ad esempio in Italia la quota di popolazione con un’istruzione di livello universitario, è la più bassa fra quella dei paesi sviluppati. Inoltre, le competenze letterarie e matematiche dei giovani fra i 16 e i 25 anni sono analoghe a quelle possedute dalle classi di età tra i 45 e i 54 anni, in un contesto che premia con ritorni economici bassi l’istruzione ricevuta.
La spesa in innovazione è, anche in questo caso, una debolezza: nel 2013 s’è attestata allo 0,68% del Pil, meno della metà della media Ocse (1,61% del Pil); se si considera un arco temporale più ampio, invece, le risorse destinate all’innovazione, dal 1998, sono cresciute meno della metà rispetto alla Germania (0,19% contro 0,4%).
Fra tutti gli altri aspetti, spesso ricorrenti nelle analisi sulla stagnazione italiana, emerge infine l’assetto del carico fiscale. Secondo gli autori dello studio esso andrebbe ricalibrato in un senso più orientato alla crescita, laddove questo significa soprattutto ridurre la tassazione sul lavoro. Il peso del fisco in questo senso è il più alto dopo quello del Belgio, mentre l’imposizione sui consumi è fra le più basse, a dispetto di un’Iva standard piuttosto elevata.
L’intervento in queste aree da un lato riporterebbe in alto la produttività, concludono gli economisti, dall’altro ridarebbe slancio all’occupazione, per un aumento del Pil del 23,8% entro il 2050 derivante esclusivamente da queste riforme.