Società

Italia: recessione, ma soprattutto fine democrazia

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ROMA (WSI) – L’Italia è entrata in una fase di recessione e gli italiani non sono più fiduciosi in una ripresa come lo erano agli inizi dell’esperienza Renzi.

Inoltre, proprio ieri, sono arrivati i dati dell’Istat sull’economia nel secondo trimestre dell’anno, che hanno messo in luce come la parola “crescita” sia ancora molto lontana dal divenire realtà. Il Pil italiano è infatti di nuovo in calo -0,3% su base annua e ora la parola sulla bocca di tutti è recessione tecnica.

Lo storico americano Martin Armstrong sul suo blog spiega come la corruzione abbia portato l’Italia in questa situazione.

Quando si guardano i numeri puri, non si riesce a immaginare come l’Italia sia riuscita a funzionare economicamente tutto questo tempo. Tuttavia, se si guardano le cose più da vicino, si può notare come l’economia sommersa abbia permesso alle persone di fare la propria vita, di pagare le proprie tasse e debiti in modo originale e illecito, quindi con costi minori rispetto ad altri paesi in Europa.

Qual è allora la soluzione? Renzi, dopo il suo clamoroso successo alle elezioni europee, ha pensato di rivoluzionare il Senato. Non sarà più eletto dalle persone, i suoi membri saranno scelti e inviati dalle Regioni.

Il Governo ha così superato il primo grande ostacolo per portare avanti la revisione della parte della Costituzione che regola – tra le altre cose – il funzionamento del Parlamento e che mette fine al Bicameralismo perfetto. Il Senato smetterà di essere elettivo e i senatori – ridotti di un terzo come numero a quota 100 – saranno scelti e inviati dalle Regioni. Un po’ come avviene in Germania con il Bundersrat.

Negli ultimi giorni di discussione sono state approvate alcune modifiche e integrazioni al disegno di legge, come l’inserimento in Costituzione del referendum propositivo, l’abbassamento del numero di firme necessarie per presentare una proposta di legge di iniziativa popolare, l’introduzione di un limite massimo agli stipendi dei consiglieri regionali.

Sono state stabilite nuove incompatibilità tra la carica per i nuovi senatori e gli incarichi in ambito amministrativo da loro già assunti, ed è stata confermata l’assenza di vincolo di mandato anche per i membri del nuovo Senato, mantenendo l’articolo 67 della Costituzione secondo cui i parlamentari eletti sono liberi di esercitare le loro funzioni senza essere obbligati a votare come dice il partito con cui sono stati eletti.

Il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, ha spiegato in più occasioni che la legge di riforma costituzionale una volta votata in modo definitivo dal Parlamento sarà comunque sottoposta a un referendum tra i cittadini, in modo dal renderla il più condivisa possibile.

Oggi il Senato ha dato il via libera finale, con voto di fiducia nella tarda serata di ieri, al decreto legge competitività, che introduce una seconda soglia, pari al 25% e legata al controllo di fatto, per il lancio dell’Opa obbligatoria, l’offerta pubblica di acquisto rivolta a tutti gli azionisti.

La doppia soglia Opa (la seconda rimane al 30%) vale per le società quotate. Sono esclude le Pmi che invece potranno scegliere di inserire nello statuto una soglia compresa tra il 20% e il 40%.

Tra le altre norme del decreto convertito in legge c’è il prestito ponte per il polo siderurgico Ilva di Taranto con il rafforzamento del ruolo del subcommissario per il piano di risanamento e lo sblocco delle risorse della famiglia Riva poste sotto sequestro. Riforme che paiono insufficienti a migliorare la competitività come si è preposto di fare l’esecutivo all’inizio della sua avventura.