ROMA (WSI) – Mentre aumentano in Germania, alimentando la fiducia dei consumatori, i salari restano congelati in Italia.
Su base mensile le retribuzioni sono rimaste infatti ferme in marzo. Su base annuale sono invece in crescita dell’1%.
È l’esito dall’ultimo rapporto stilato dall’Istat.
Sempre il mese scorso in Italia ci sono stati 92.300 contratti di lavoro in più. Le attivazioni dei nuovi contratti, ad eccezione del lavoro domestico e della Pubblica Amministrazione, sono state 641.572 a fronte di 549.273 cessazioni.
Sono cresciuti inoltre i contratti a tempo indeterminato (+49,5%) e scendono i contratti precari. Il ministro del Lavoro Poletti ha ricordato che in due mesi ci sono “79mila contratti a tempo indeterminato in più”.
Grazie anche alla decontribuzione e alle nuove regole sul contratto a tutele crescenti le assunzioni ‘fisse’ sono state il 25,3% del totale delle attivazioni a fronte del 17,5% di un anno prima.
Il governo sostiene che la dimostrazione di come il Jobs Act stia dando i suoi frutti la offrono le variazioni negative del numero di contratti a tempo determinato (da 395.000 a 381.234), di contratti di apprendistato (da 21.037 a 16.844) e delle collaborazioni (da 48.491 a 36.460), tutti meno convenienti dal punto di vista della contribuzione alle aziende.
Complessivamente, nei primi tre mesi del 2015 la retribuzione oraria media è cresciuta dell’1% rispetto al corrispondente periodo del 2014.
Meglio è andata ai dipendenti del settore privato, che hanno visto un incremento tendenziale dell’1,5% per le buste paga orarie.
Variazione nulla per quelli della pubblica amministrazione.
I settori che a marzo presentano gli incrementi tendenziali maggiori sono: telecomunicazioni (3,5%), gomma, plastica e lavorazione minerali non metalliferi (3,3%), energia e petroli e estrazioni minerali (3%).
Si registrano variazioni nulle nel settore del commercio e in tutti i comparti della pubblica amministrazione.
(DaC)