ROMA (WSI) – Sperare non costa nulla. E dunque possiamo anche illuderci che i nostri partner europei accettino, prossimamente, la candidatura di Federica Mogherini a responsabile della politica estera di Bruxelles.
La realtà però suggerisce altri scenari. Assai più spigolosi. Partiamo dall’amara realtà.
O meglio dal vertice sull’Ucraina di ieri a Berlino durante il quale il ministro degli esteri francese Laurent Fabius e quello tedesco Frank-Walter Steinmeier hanno inutilmente cercato di mediare tra le posizioni dell’omologo ucraino Pavlo Klimkin e di quello russo Serghiei Lavrov. Al di là dei risultati il dato per noi più grave e rilevante è l’assenza di una Mogherini ritrovatasi platealmente esclusa nonostante il doppio ruolo di ministro degli esteri di un’Italia presidente di turno Ue e di candidata a responsabile della politica estera dell’Unione.
Ma lo sgarbo, dopo quello analogo già subito a luglio, non è semplice scortesia. È soprattutto la dimostrazione dell’irrilevanza politica del nostro governo. Un’irrilevanza decretata e imposta dagli «amici» Hollande e Merkel nonostante le pubbliche lusinghe regalate a Matteo Renzi. Dietro all’esclusione c’è anche la consapevolezza che a Roma nessuno minaccerà ritorsioni. Renzi al più s’esibirà in qualche nuova elettrizzante battuta mentre la Mogherini si giustificherà esibendo il consueto elenco di buone intenzioni. Nulla rispetto all’ennesimo calcio in faccia subito dall’Italia. In veste di presidente di turno dell’Unione Roma è chiamata, se non ad organizzare, almeno a coordinare le iniziative diplomatiche europee. Non esser stati a Berlino significa ignorare le iniziative assunte da Berlino e Parigi nei confronti di Kiev o Mosca. Come dire che dovremo, nonostante la presidenza di turno, limitarci ad assecondare le scelte di Francia e Germania nell’ambito di una crisi ucraina per noi gravida di conseguenze.
Da questo punto di vista le ripercussioni per l’economia e l’industria italiana rischiano di esser assai peggiori del «vulnus» politico. L’Italia è oggi il quarto partner economico di Mosca con un volume d’interscambio di circa 40 miliardi di euro. E le nostre aziende arrivano subito dopo quelle tedesche nella classifica dei principali interlocutori del mondo russo. In virtù di ciò soffriremo più di altri le conseguenze delle sanzioni anti Putin adottate dall’Europa a fine luglio. Stando allo scenario più ottimistico disegnato da uno studio Sace (Istituto per i Servizi Assicurativi del Commercio Estero) le sanzioni ci costeranno circa 938 milioni da qui al 2015. Nello scenario più pessimistico rischiamo, invece, di rimetterci 2,4 miliardi di euro e di veder fallire molte industrie della meccanica strumentale, il settore condannato a sopportare le perdite più devastanti. A questo salasso s’aggiungeranno le perdite per circa 163 milioni derivanti dal blocco delle importazioni alimentari decretato come ritorsione anti Ue da Mosca. Un blocco che rischia di inasprirsi dopo la richiesta di aiuti militari rivolta da Kiev a Ue e Nato.
L’irrilevanza del nostro governo, la sudditanza nei confronti di Parigi e Berlino, l’esclusione da decisioni di politica estera per noi vitali rischiano insomma di ridurre sul lastrico altre aziende e regalarci altri disoccupati. E questa è senza dubbio la condanna peggiore. Ben più grave dell’altrettanto probabile bocciatura europea di Federica Mogherini. Un ministro a cui gli «amici» di Berlino e Parigi non sembrano aver nessuna voglia di regalare una poltrona europea. Un ministro che gli stessi «amici» hanno preferito lasciare in queste ore al sole di Capalbio. Regalandole un agosto assolutamente tranquillo. E dannatamente «esclusivo».
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