Difficile ridurre strutturalmente il debito. L’Italia soffrirà di crescita debole anche nei prossimi anni. Le variabili demografiche giocano contro
I dati dell’Istat hanno certificato l’ingresso dell’Italia in uno stato di recessione tecnica (due trimestri consecutivi con Pil negativo). Una notizia attesa, tanto che lo stesso premier Giuseppe Conte aveva ammesso la possibilità, ma non per questo meno preoccupante. Le prospettive future del Belpaese rimangono infatti grigie. La crescita tornerà positiva ma rimarrà debole e insufficiente a ridurre l’ingente debito pubblico.
La demografia gioca contro l’Italia
“Le dinamiche demografiche in atto nel Paese, ovvero la riduzione della popolazione in età lavorativa, manterranno i livelli di crescita dell’Italia relativamente bassi nei prossimi anni”
commenta Jordy Hermanns gestore multi asset di Aegon AM.
Queste dinamiche non agiscono solo sull’Italia, sono un problema comune nei Paesi sviluppati. Il Belpaese, tuttavia
“è reso fortemente vulnerabile dal debito pubblico. La combinazione tra una bassa crescita strutturale e un debito pubblico elevato – prosegue Hermanns – rende difficile per il governo raggiungere un surplus di bilancio e ridurre i livelli di debito in maniera strutturale. Diventa quindi improbabile per l’Italia riuscire ad abbassare il debito e ciò significa che non riuscirà a rispettare le regole europee per un lungo periodo di tempo”.
Il giudizio delle agenzie di rating
L’Italia è osservata speciale in Europa, sui mercati finanziari e dagli analisti delle agenzie di rating. Queste ultime si preparano a emettere i loro giudizi nei prossimi mesi. Inizierà Fitch Rating il prossimo 22 febbraio (giudizio attuale BBB con outlook negativo). Il 15 marzo toccherà a Moody’s (Baa3 – stabile) e il 26 aprile ad S&P’s (attuale: BBB negativo).
“Le agenzie di credito stanno monitorando la situazione italiana molto da vicino. In ottobre Moody’s ha tagliato il rating a Baa3 – riprende il gestore – lasciando il Paese ad un passo dall’uscita dalla fascia investment grade. Le ragioni sono state l’indebolimento della posizione fiscale e lo stallo nei piani delle riforme economiche e fiscali. Nel caso in cui lo scenario economico dell’Italia dovesse deteriorarsi ancora, i costi di finanziamento del debito potrebbero aumentare molto rapidamente”.