ROMA (WSI) – Cercasi disperatamente intesa sul nodo Silvio Berlusconi. Le sorti dell’ex presidente del Consiglio decideranno il futuro del governo Letta e dell’Italia. Il premier tenta di raggiungere un compromesso per salvare la stabilità del suo esecutivo, ma l’incontro con il vicepremier Angelino Alfano, durato quasi tre ore, dà un esito scontato: le posizioni restano “distanti”, riguardo all’agibilità politica di Berlusconi.
L’Italia si conferma di nuovo eccezione nel panorama politico dei paesi cosiddetti avanzati: se lì ci si dimette, di norma, appena si viene condannati, qui si discute sulla decadenza o meno del condannato.
Il confronto Letta-Alfano viene definito “duro”: più di un confronto è uno scontro. Letta rifiuta, secondo le fonti, ultimatum e ricatti, ritenendoli inaccettabili, e non vuole fare alcuna pressione sul Pd, riguardo al voto della Giunta sulla decadenza di Berlusconi. Quanto invece Alfano considera “inaccettabile” è che il Pd, alleato del Pdl nel governo, non valuti l’ipotesi della non retroattività della legge Severino e continui a premere per il rispetto della sentenza.
In questo contesto, arriva la dichiarazione di Alessandra Moretti, deputata del Pd, che afferma che 30 senatori del Movimento 5 Stelle sarebbero pronti a una nuova maggioranza.
“Se davvero il Pdl dovesse decidere di staccare la spina a Letta facendo prevalere gli interessi personali di Berlusconi su quelli del Paese”, in Parlamento sarebbe possibile un’altra maggioranza. Intervistata da Repubblica, Moretti spiega che tra gli eletti dei Cinquestelle “qualcuno potrebbe cambiare idea, in numero sufficiente per dar vita a una nuova maggioranza”. Al Senato sarebbero “una trentina su circa 50. E non dimentichiamoci di Sel, anche da lì potrebbe arrivare un aiuto. Per non parlare, ovviamente, di Scelta civica”.
“Non escludo affatto che Napolitano riaffidi l’incarico a Letta per verificare in Parlamento se ci sono i numeri per realizzare un programma fatto di pochissimi punti – continua – Immagino che davanti a un reincarico a Letta, e a un programma di governo stringato e preciso, nel Pdl si apra una spaccatura profonda. Non riterrei così scontato il prevalere della fedeltà assoluta al Capo”. Il Pdl, aggiunge “ha cinque ministri. In caso di crisi, che io non auspico, tre potrebbero restare: Lupi, Quagliariello, De Girolamo. E forse anche la Lorenzin”.
Immediata la reazione del capogruppo al Senato M5S Nicola Morra che su Facebook ricorda i “titoli analoghi di qualche mese fa, in cui si sosteneva che era prossima la diaspora di 20 o 22 di noi per costituire un nuovo gruppo stampella all’esecutivo Letta. E poi? I fatti? Cosa è successo? Niente!”.
“Ora ci riprovano. Essendo convinti che il mondo giri intorno a loro, ritengono che noi si debba essere i loro scendiletto”, continua Morra, attaccando il Pd: “un giorno col pregiudicato (da cui non riuscite proprio a staccarvi tanto ne auspicate ‘responsabilità e lungimiranza’, temendo che sia lui a mollarvi), ed il giorno dopo con chi il pregiudicato mai l’avrebbe accettato come senatore anche in assenza della sentenza). Mi fate pensare – conclude – a quel vecchio detto: ‘Franza o Spagna, purché se magna’….”. ‘