No al ballottaggio, si al premio di maggioranza, riscritte le pluricandidature: così la Corte Costituzionale ha rivisto e bocciato buona parte dell’Italicum, la legge elettorale introdotta dal governo Renzi nel 2015. La sentenza non sbarra le porte delle elezioni anticipate. Gli aspetti che sono stati giudicati inammissibili e quindi illegittimi dai giudici della Consulta sono il doppio turno con ballottaggio tra i partiti (e non i candidati), i capilista bloccati (con gli altri rappresentanti che invece si prevedeva venissero scelti con il sistema della preferenza) e in parte le candidature multiple in più collegi (fino a 10), che saranno ammissibili solo affidando la scelta finale a un sorteggio. In concreto chi è eletto in più collegi non potrà scegliere per quale optare.
Della legge 6 maggio 2015 è stato invece approvato così com’è solo il premio di maggioranza, fissato al 55% dei seggi, in dote a chi si aggiudica il secondo turno o a chi ottiene più del 40% dei consensi (tra i votanti e non tra chi ha diritto al voto) al primo round. Esprimendosi, con circa quattro ore di ritardo rispetto ai tempi previsti, sulle questioni di legittimità costituzionale della legge elettorale attualmente in vigore alla Camera, la Consulta ha trovato una via di mezzo.
La nuova legge elettorale che esce dalla sentenza “è suscettibile di immediata applicazione”, fa sapere la Consulta. Ma in sostanza la legge verrà probabilmente ritoccata, perché è diventata una sorta di “Consultellum” proporzionale ma con premio di maggioranza alla Camera e senza coalizioni, ossia una legge diversa da quella del Senato. Con poche modifiche dell’aula parlamentare, in teoria, si potrebbe rendere del tutto simile a quella in vigore al momento a Palazzo Madama, come vorrebbe il Quirinale e anche il primo ministro Paolo Gentiloni.
La sentenza lascia il nostro paese con due leggi elettorali proporzionali con differenze sostanziali tra le due Camere. L’attuale legge a Montecitorio non prevede la formazione di coalizioni pre elezioni e ha una soglia di sbarramento fissata al 3%. Al Senato vige invece un proporzionale puro senza premio di maggioranza, in cui è invece prevista la possibilità di presentarsi in coalizioni.
Di fatto, nonostante i ricorsi pendenti, la legge può essere utilizzata subito ma difficilmente verrà adottata così com’è dal Parlamento. Gli avvocati che hanno fatto ricorso chiedevano che l’Italicum fosse dichiarato incostituzionale nella sua interezza. Le motivazioni dettagliate della sentenza, che doveva arrivare a ottobre, poi ieri e poi ancora oggi alle 13-13.30, verranno rese note non prima del 14 febbraio, un elemento molto importante per le forze politiche.
La sentenza auto applicativa è infatti destinata a influenzare la durata dell’attuale legislatura, con scadenza nel 2018, e detterà i tempi con cui si andrà al voto. Se secondo il governo Gentiloni e gruppi parlamentari non ci sarà la necessità politica di apportare grandi cambiamenti tramite interventi in aula, bensì si ricorrerà solo a piccoli aggiustamenti, alla Camera si andrebbe al voto anticipato, prima della scadenza della legislatura: è quello che desiderano Matteo Renzi e i partiti all’opposizione (M5S e Lega Nord su tutti).
Al voto si potrebbe andare realisticamente, viste anche le dichiarazioni di Quirinale e Palazzo Chigi, soltanto con una legge elettorale a Montecitorio che sia simile a quella già in vigore al Senato, il cosiddetto “Consultellum“. Si tratta della legge elettorale nata dalle modifiche al “Porcellum” – legge del 2006 del governo Berlusconi – introdotte dopo una sentenza auto applicativa della Corte Costituzionale.
Qui di seguito si può ascoltare l’audio integrale dell’udienza pubblica della Consulta con le discussioni che si sono tenute sulle questioni di legittimità costituzionale del cosiddetto Italicum:
Legge elettorale: scontro si sposta in Parlamento
La maggioranza dei gruppi parlamentari, tra cui tutti quelli di Opposizione come MoVimento 5 Stelle e Lega Nord, vuole andare al voto subito, così come Renzi. Ma su questo punto il PD è diviso al suo interno e ci sarebbe sempre da fare i conti con l’ostruzione del Quirinale, che non vuole si tenga un voto senza una legge elettorale chiara, legittimamente costituzionale e frutto di un’intesa concertata.
Alcuni del PD erano convinti che la combinazione di doppio turno e premio di maggioranza dell’Italicum favorisse il M5S, che nei sondaggi era dato fino a qualche giorno fa in pole position per la vittoria con questo sistema. In un paese politicamente polarizzato come l’Italia, spaccato in tre, una formazione che non si può considerare né di destra né di sinistra, in una sfida finale a due la spunterebbe infatti sia contro il PD sia contro un’eventuale formazione di centro destra.
Se con la sentenza fosse stato bocciato anche il premio di maggioranza (una rarità che in Europa è presente solo in Grecia), come accaduto con il Porcellum nel qual caso però non era stata definita una soglia ben precisa, si sarebbe tornati direttamente al proporzionale puro, aumentando le possibilità di andare al voto anticipato, perché non sarebbero serviti grandi ritocchi da parte dell’aula parlamentare alla legge elettorale per poter recarsi alle urne.
Malgrado la bocciatura in toto, così i giudici avrebbero paradossalmente accontentato anche Renzi, perché un proporzionale puro avrebbe ridotto le chance di vittoria del M5S. Da parte sua Forza Italia ha fatto già sapere di essere favorevole a una legge proporzionale senza premio di maggioranza, che permetterebbe al suo leader di scegliersi gli alleati che desidera per formare il governo dopo le elezioni. Ma non tutti i partiti la pensano in questo modo.
Se si dovesse decidere di scrivere una nuova legge elettorale, sarà molto difficile che il processo si completi in fretta. Trovare un accordo tra i partiti su una norma che potrebbe decidere il loro futuro e quello del paese per i prossimi quattro anni e forse di più è un processo che richiede tempi lunghi e trattative complesse. Ci si potrebbe dilungare anche fino al 2018, anno della fisiologica scadenza della legislatura attuale (l’ultima volta in Italia si è votato nel 2013).
L’incertezza politica si fa sentire sui mercati (segui live blog di mercato), dove i prezzi dei Btp italiani decennali perdono quota e dove lo Spread con i Bund omologhi.