Dopo un primo mese difficile, il governo Gentiloni saprà stasera o al più tardi domattina quale sarà il suo destino. È infatti con la sentenza della Corte Costituzionale sull’Italicum che verranno distribuite sul tavolo tutte le carte da gioco della partita che deciderà chi governerà l’Italia durante la prossima legislatura. Le attese di esperti di diritto e commentatori sono per una bocciatura dell’Italicum, la legge elettorale in vigore alla Camera e voluta dal governo Renzi.
Tuttavia non si sa ancora se dalla Consulta uscirà un verdetto ambiguo con una soluzione semplice offerta per sbrogliare la matassa elettorale italiana, il che aprirebbe la strada al voto anticipato anche a giugno, oppure se la sentenza sarà più complessa, offrendo al governo Gentiloni l’opportunità di portare a termine la legislatura vigente.
Si prevede che i giudici boccino gli aspetti principali della norma, ma non si sa ancora esattamente come e quali. Tra questi il ballottaggio tra partiti (e non tra candidati) e le candidature multiple saranno quasi certamente respinti, mentre c’è incertezza sul premio di maggioranza pari al 55% dei seggi, in dote a chi si aggiudica il secondo turno o a chi ottiene più del 40% dei consensi al primo round, ma giudicato da alcuni esperti troppo generoso.
Se le cose andranno così, ovvero senza la necessità di futuri grossi interventi parlamentari ma solo aggiustamenti, alla Camera si andrebbe a votare con la legge elettorale in vigore al Senato, il cosiddetto “Consultellum“, ossia la legge elettorale nata dalle modifiche pretese dalla Corte Costituzionale al “Porcellum”, introdotte con una precedente sentenza auto applicativa.
Nonostante la nuova sconfitta, una sentenza di questo tipo accontenterebbe in qualche modo l’ex premier e Matteo Renzi, dimessosi dopo la sconfitta al referendum costituzionale. Il leader del PD vorrebbe andare alle elezioni anticipate il prima possibile. Probabilmente bisognerà aspettare che il Parlamento trovi un punto d’incontro comune per decidere quale sarà la legge elettorale con cui andare al voto, ma molto dipenderà da quali saranno le norme da rivedere.
L’intreccio giuridico e politico
La maggioranza dei gruppi parlamentari, tra cui tutti quelli di Opposizione come MoVimento 5 Stelle e Lega Nord, vuole andare al voto subito, così come Renzi. Ma su questo punto il PD è diviso al suo interno e ci sarebbe sempre da fare i conti con l’ostruzione del Quirinale, che non vuole si tenga un voto senza una legge elettorale frutto di un’intesa concertata.
Alcuni del PD e non solo ritengono che il doppio turno e il premio di maggioranza dell’Italicum favoriscano il M5S, che nei sondaggi è dato in pole position per la vittoria con questo sistema. In un paese politicamente polarizzato come l’Italia al secondo turno una formazione che non si può considerare né di destra né di sinistra, la spunterebbe infatti sia contro il PD sia contro un’eventuale formazione di centro destra.
In caso di sentenza favorevole al ritorno al proporzionale e bocciatura del premio di maggioranza (una rarità che in Europa è presente solo in Grecia), come accaduto con il Porcellum nel qual caso però non era stata definita una soglia ben precisa, le possibilità che si vada al voto anticipato sarà più alta, perché non servirebbero grandi ritocchi da parte dell’aula parlamentare alla legge elettorale per poter recarsi alle urne, soddisfando le richieste del presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
Verrebbe accontentato Renzi anche perché un proporzionale ridurrebbe le chance di vittoria del M5S. Da parte sua Forza Italia ha fatto già sapere di essere favorevole a una legge proporzionale senza premio di maggioranza, che permetterebbe al suo leader di scegliersi gli alleati che desidera per formare il governo dopo le elezioni. Ma non tutti i partiti la pensano in questo modo.
Se si dovesse decidere di scrivere una nuova legge elettorale, sarà molto difficile che il processo si completi in fretta. Trovare un accordo tra i partiti su una norma che potrebbe decidere il loro futuro e quello del paese per i prossimi quattro anni e forse di più è un processo che richiede tempi lunghi e trattative complesse. Ci si potrebbe dilungare anche fino al 2018, anno della fisiologica scadenza della legislatura attuale (l’ultima volta si è votato nel 2013).
Intanto l’economia della terza potenza dell’Eurozona è sotto pressione per via della questione dell’immigrazione e la gestione dei costi legati ai disastri naturali. Senza contare che la Commissione Ue ha chiesto una manovra correttiva alla legge di bilancio 2017 pari allo 0,2% del Pil (3,4 miliardi di euro circa).
Le ultime settimane sono state scandite da una serie di notizie negative per le finanze pubbliche italiane, che creano problemi per il governo Gentiloni: si è andati da un intervento di salvataggio del sistema bancario da 20 miliardi a un declassamento dell’agenzia di rating Dbrs, passando per le crescenti tensioni con Bruxelles, per l’arrivo di altri migranti e per un nuovo terremoto nel Centro Italia.
“Viviamo in un periodo in cui si susseguono situazioni di emergenza straordinarie”, dice a Reuters Sergio Fabbrini, direttore della School of Government presso la LUISS di Roma. “Il paese non è in una situazione disperata, ma la situazione è estremamente difficile“.