Una delle più promettenti traiettorie di sviluppo dell’economia mondiale dei prossimi decenni è senza dubbio la space economy. Come riporta il Mise, la Space Economy è la catena del valore che, partendo dalla ricerca, sviluppo e realizzazione delle infrastrutture spaziali abilitanti arriva fino alla generazione di prodotti e servizi innovativi “abilitati” (servizi di telecomunicazioni, di navigazione e posizionamento, di monitoraggio ambientale previsione meteo, ecc).
James Webb: il ruolo dell’Italia al lancio del telescopio spaziale
L’Italia vanta una lunga tradizione nelle attività spaziali essendo tra le prime nazioni al mondo a lanciare ed operare in orbita satelliti, è tra i membri fondatori dell’Agenzia Spaziale Europea, di cui è oggi terzo paese contributore.
E ha qualcosa di italiano anche il lancio di James Webb, il più grande e potente telescopio mai lanciato nello spazio. Partito nel giorno di Natale dalla base di Kourou, nella Guyana Francese) a bordo di un razzo Ariane 5, James Webb, progettato dalla Nasa, dell’Agenzia Spaziale Europea (Esa) e di quella canadese (Cea), è diretto verso un punto a più di 1,5 milioni di chilometri dalla Terra, il punto Lagrange L2, che dovrebbe raggiungere tra circa 1 mese. Quello sarà il suo “parcheggio spaziale”, un punto dello spazio scelto per la sua stabilità all’interno del sistema solare, dove l’osservatorio potrà rimanere attivo con pochissimo carburante.
Quattro gli obiettivi del nuovo telescopio spaziale: cercare le prime galassia formatesi agli albori dell’Universo; osservare la formazione delle stelle e dei relativi sistemi planetari; studiare le galassie lontane e vicine per seguirne l’evoluzione e infine misurare le proprietà fisiche e chimiche dei sistemi planetari, compresi il nostro, per investigare il loro potenziale di ospitare la vita.
James Webb è capace anche di rivelare realtà inaspettate, supportare le missioni esistenti e future e porre nuove domande agli scienziati che avranno così nuovi quesiti ai quali lavorare. Secondo le stime, il telescopio spaziale è costato 12 miliardi di dollari e vi hanno lavorato sin dal 2002 migliaia di ingegneri, centinaia di scienziati e oltre 300 tra università, organizzazioni e aziende provenienti da 29 stati americani e 14 nazioni. Il telescopio è provvisto di uno specchio circolare composto da 18 esagoni placcati in oro 18 carati largo 6,6 metri e di sensori di 4 tipi: NirCam, NirSpec, Miri e Niriss. Il NirSpec è stato realizzato da Airbus mentre il Miri è opera congiunta del Dipartimento di Astrofisica del Cea dell’Osservatorio di Parigi.
s Webb è protetto da schermi solari grandi come un campo da tennis e il suo viaggio si concluderà dopo oltre 1,5 milioni di chilometri in 29 giorni dal lancio andandosi a posizionare nell’orbita solare. Dal 28 dicembre, 3 giorni dopo dal lancio, lo scudo termico a 5 strati inizierà a dispiegarsi e lo specchio secondario si posizionerà a 11 giorni di volo e nei due giorni successivi anche lo schermo primario raggiungerà il suo assetto definitivo. Per essere pienamente operativo James Webb impiegherà comunque 6 mesi.
“L’Italia partecipa al progetto tramite l’Esa, con un decimo del costo complessivo, ed è molto coinvolta in programma scientifico”, dice all’ANSA il presidente dell’Inaf, Marco Tavani. Sono una decina i progetti dei quali l’Italia si è aggiudicata la guida in seguito a un bando pubblico e sono decine quelli nei quali i ricercatori del nostro Paese partecipano come co-investigatori. Cosmologia, evoluzione galassie, formazione delle stelle e pianeti esterni al Sistema Solare sono i punti forti della partecipazione italiana e coprono tutti i grandi temi di ricerca del telescopio Webb, destinato a catturate le immagini delle prime galassie nate nel cosmo dopo il Big Bang. E’ italiana anche l’idea dello specchio costituito da una struttura a esagoni, ispirata alla tecnologia ideata nel 1952 da Guido Horn d’Arturo, presso l’Osservatorio di Bologna.
Sono operazioni che avvengono molto lentamente e in sicurezza: lo spazio è sempre diverso rispetto al laboratorio e bisogna essere preparati ad affrontare gli imprevisti (…) Sarà come cercare di penetrare attraverso un velo, fino a vedere le prime fasi della formazione delle galassie, che saranno diverse da quelle che siamo abituati a vedere: saranno strane, grumose e irregolari, assisteremo a un nuovo scenario, nel quale si chiarirà il meccanismo nel quale la materia ha assunto la forma nella quale la conosciamo oggi”