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Jolia: lo smartphone che sfida il duopolio Apple-Android

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NEW YORK (WSI) – La storia la conosciamo tutti: nel febbraio 2011 Nokia e Microsoft si sono accordate per portare il sistema operativo Windows Phone sui dispositivi della casa finlandese. La frequentazione praticamente esclusiva è culminata lo scorso settembre in un matrimonio vero e proprio, con Redmond che ha sborsato 5,44 miliardi di euro per rilevare il partner. Fra le conseguenze della manovra c’è la chiusura del progetto MeeGo, sistema operativo open source di cui Nokia si stava occupando prima di intraprendere il percorso congiunto con il gruppo fondato da Bill Gates.

A lavorare alla soluzione c’era anche l’italiano Stefano Mosconi, ingegnere 35enne nato e cresciuto a Roma. «Eravamo un migliaio su quel progetto, per noi era più di un semplice lavoro. Nokia ci ha un po’ spezzato il cuore», racconta a Corriere.it. Oggi, a poco meno di due anni dall’inizio della fine di Meego, Stefano e quattro dei suoi colleghi di allora, tre finlandesi e un americano, lanciano sul mercato lo smartphone Jolla, equipaggiato dal sistema operativo Sailfish.

Nato in tutto e per tutto dalle ceneri del lavoro del produttore finlandese, il telefono viene realizzato in Asia e sarà disponibile per i primi 500 utenti che hanno effettuato il pre-ordine in maggio in collaborazione con l’operatore locale Dna. Nelle prossime settimane arriveranno altri pezzi destinati ai clienti della primissima ora e si potrà iniziare ad acquistare il dispositivo anche online. Al prezzo di 399 euro, Jolla mette sul piatto uno schermo da 4,5 pollici, fotocamera posteriore da 8 megapixel e processore Qualcomm Dual Core da 1.4 GHz. E, ovviamente, il nuovo sistema operativo.

Partiamo proprio da questo, pensate davvero di potervi ritagliare uno spazio in un mercato dominato da Android e iOs e così competitivo?
«Il mercato è saturo, è vero. È saturo di Android ed Apple. Siamo in situazione stagnante di dupolio: queste due compagnie stanno raccogliendo quanto seminato e hanno smesso di innovare, le interfacce grafiche dei sistemi operativi sono le stesse da anni. Gli utenti stanno cercando qualcosa di nuovo: ce lo dicono tutti, operatori, negozi, utenti stessi. Noi siamo qualcosa di nuovo».

Di alternative, a dire il vero, già ce ne sono. Windows Phone si sta comportando bene e sul fronte open source c’è Firefox Os.
«Windows è discreto, ma viene da un sistema operativo di Microsoft di dieci anni fa e questa pesante eredità rende lo sviluppo di nuove funzioni troppo lento. Senza dimenticare che Microsoft inizierà solo adesso con Nokia a lavorare direttamente sui telefoni. Prima ha agito autonomamente partendo dall’esperienza maturata solo sui desktop, e non è facile scrivere un os mobile senza un dispositivo, motivo per cui noi ci siamo organizzati su entrambi i fronti. Firefox Os invece è basato su Html5, un framework che si adatta meglio al Web che al mobile. Infatti Mozilla per ora lo sta promuovendo nei Paesi in via di sviluppo e a basso costo”.

Sailfish cosa offre di nuovo?
«Abbiamo lavorato molto sull’interfaccia utente. Quella di Android è noiosa e complicata, quella di Apple troppo semplice. Noi ci siamo basati molto sui movimenti delle dita per dare la possibilità all’utente di lavorare sullo schermo con una sola mano e compiere azioni diverse con gesti differenti e naturali. Quindi, se sposto il polpastrello dal basso verso l’alto farò partire un comando, mentre se parto dal centro del display e mi muovo a destra o a sinistra, o viceversa, aprirò altre applicazioni o programmi».

Ha detto la parola magica: applicazioni. Da dove arrivano?
«Abbiamo implementato un sistema di compatibilità con le applicazioni Android. Si possono scaricare da Internet, dal nostro negozio online o da Yandex e portare su Jolla. Non funzionano così bene come se fossero state scritte in maniera nativa, ma non potevamo non dare all’utente la possibilità di utilizzarle in un modo o nell’altro. In futuro ci auguriamo che gli sviluppatori inizino a prendere in considerazione direttamente Sailfish».

Quale quota di mercato serve per attirare la loro attenzione?
«Diciamo che se ne parla tra il 5% e il 10%. Sotto il 5 neanche ci pensano e dal 10 in poi iniziano sicuramente a prendere in considerazione la cosa».

Adesso che il telefono è pronto cosa si aspetta.
«Solo il tempo e il mercato potranno dare una risposta. Superare il milione di dispositivi sarebbe un successo enorme per noi. Non abbiamo tanti soldi da spendere in marketing e all’inizio, quantomeno in Europa, mi aspetto che il passaparola continui a funzionare bene come accaduto finora. Dall’Italia ci sono già arrivati i primi pre-ordini, a metà del prossimo anno contiamo di iniziare a collaborare con operatori e distributori locali. Altra zona importante per noi è l’Asia».

Quanti siete in Jolla?
«Abbiamo fondato la società nel gennaio del 2012. Adesso siamo tra i 90 e i 100, io sono l’unico italiano per ora, il prossimo arriverà in gennaio ed è uno sviluppatore».

I soldi per arrivare a questo punto dove li avete trovati?
«Siamo partiti grazie a piccoli finanziatori finlandesi. Nel giugno del 2012 è arrivato un altro importante contributo. (Risale invece allo scorso febbraio l’investimento di circa un milione di euro da parte della cinese China Fortune per rilevare il 6,25% della società, nda)”.

Cosa ci fa in Finlandia?
«Mi sono trasferito nel 2005 per venire a lavorare in Nokia dopo essermi laureato nel 2002-2003 e avere fatto le prime esperienze lavorative con contratti a progetto. Ho capito subito che l’Italia non faceva per me dal punto di vista professionale e non solo: caos, disservizi e difficoltà a fare progetti a lungo termine. Mia moglie, che adesso fa l’insegnante, era d’accordo e ci siamo trasferiti qui, forse uno dei posti migliori se vuoi farti una famiglia».

Ha imparato la lingua? «Sì: altrimenti i miei bambini, ne abbiamo avuti due nel frattempo, mi fregano troppo facilmente».

Il contenuto di questo articolo, pubblicato da Il Corriere della Sera – che ringraziamo – esprime il pensiero dell’ autore e non necessariamente rappresenta la linea editoriale di Wall Street Italia, che rimane autonoma e indipendente.

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