NEW YORK (WSI) – Europa come al solito confusa e piena di contraddizioni. In un editoriale scritto sul New York Times, il Premio Nobel per l’economia Paul Krugman mette in evidenza la profonda differenza in termini di politica monetaria tra Stati Uniti da un lato ed Eurozona, dall’altro.
E non manca di criticare il recente discorso proferito da Jaime Caruana, general manager della Banca dei Regolamenti Internazionali. Un “discorso notevole, e intendo dire nel peggiore dei modi”, dal momento che illustra perfettamente come i falchi (europei) continuino a trovare nuove argomentazioni per la loro pretesa immutabile che noi (Fed) alziamo i tassi di interesse ora, ora e ora”.
Critiche al discorso di Caruana arrivano anche da Ambrose Evans-Pritchard, editorialista del Telegraph. Anzi, è proprio a tali critiche che Krugman si riferisce. Il titolo dell’articolo firmato dalla penna di Ambrose Evans-Pritchard dice tutto: “ECB is delighted by the splendid prospect of deflation”, ovvero “alla Bce fa piacere la prospettiva splendida della deflazione”.
Viene ripresa la frase di Caruana, secondo cui “la storia indica che periodi di deflazione sono stati spesso associati a una crescita sostenuta della produzione. La Grande Depressione è stata più l’eccezione che la regola”.
“Innanzitutto – si chiede Krugman – non è piuttosto significativo il fatto che la Banca dei Regolamenti europei sia scivolata dagli avvertimenti contro l’inflazione – minimizzando le preoccupazioni sulla deflazione – al dire che la deflazione vada bene”?
Di fatto, Caruana ha fatto riferimento al 19esimo secolo, definendolo un’era di “buona deflazione”, di un contesto caratterizzato dal calo dei prezzi, ma anche dai guadagni della produttività e dal fiorente commercio globale. Allo stesso tempo, il responsabile della BRI ha attaccato il QE della Fed, parlando di abitudini cattive delle banche centrali.
“Le autorità di politica monetaria rispondono in modo asimmetrico ai cicli successivi finanziari e di business, raramente alzando i tassi o anzi, addirittura ricorrendo a politiche monetarie espansive in modo aggressivo e persistente durante le fasi di boom e di esplosione di bolle, restando in questo modo a corto di munizioni e consolidando l’instabilità”, ha detto Caruana.
Il funzionario si scaglia contro la politica di tassi di interesse a zero affermando che essi rappresentano una soluzione veloce che presenta però il rischio di generare “maggiori danni in seguito”.
E Krugman si chiede: “Ma (il 19esimo secolo) è davvero un buon modello?”
“Giusto per citare il punto più ovvio: la fine del 19esimo secolo fu caratterizzata da una crescita rapida della popolazione nelle cosiddette ‘aree di recenti insediamenti’ (praticamente luoghi in cui gli europei si stavano trasferendo, mandando via i locali). Negli Stati Uniti, la popolazione crebbe del 2% l’anno, tra il 1880 e il 1910, sostenendo una elevata domanda per gli investimenti. E le zone dei recenti insediamenti offrivano anche uno sbocco per le grandi quantità di flussi di capitali in arrivo dall’Europa. In altre parole, la situazione era tale da aver creato un contesto di tassi di interesse reali che erano naturalmente alti; di conseguenza, la deflazione era moderata e molto più sostenibile rispetto alle condizioni di oggi”.
Sulle parole di Caruana secondo cui l’eccesso di debito implica che una politica monetaria espansiva sia controproducente e non di aiuto, Krugman scrive: “Ma di cosa sta parlando?”, sottolineando che le analisi suggeriscono piuttosto che le politiche di bassi tassi o in generale espansive sono invece di aiuto, in quanto “i redditi e i prezzi elevati riducono il peso del debito”.
Inoltre, “la deflazione è ben peggiore in un mondo gravato da debiti (…) e non dovete fidarvi della mia parola…basta che leggiate Irving Fisher!”