ROMA (WSI) – Il Financial Times dedica l’ennesimo articolo all’Italia, e le critiche anche stavolta non si fanno attendere. Critiche che però vengono espresse dagli stessi italiani intervistati dal quotidiano britannico.
Italy: Lost in stagnation, scrive l’Ft nell’articolo firmato dalla penna di Guy Dinmore. Nel sommario: la città rovinata di l’Aquila è il simbolo della disperazione di una nazione.
L’Aquila: una città dove la ricostruzione appare ancora un miraggio. Nel quarto anniversario del terremoto che ha devastato la città, l’83enne Aldo Di Bitonto, che torna nel luogo dove la sua abitazione fatta a pezzi dal sisma, “non sa quando o se riuscirà mai più a varcare la soglia della propria casa”.
Il processo di ricostruzione è fermo, la mancanza di fondi e la paralisi politica hanno fatto di l’Aquila il simbolo della grande stagnazione italiana.
“Siamo nelle mani di politici incompetenti, arroganti e presuntuosi – dice il residente – La destra parla male della sinistra, la sinistra parla male della destra e noi siamo in mezzo, come sardine schiacciate”, dice Di Bitonto. E il sindaco Massimo Cialente sottolinea: “Potete lasciarci morire in pace. Questa città è condannata alla morte senza risorse”.
“Il punto è che, come il resto dell’Italia, L’Aquila rischia di soffocare sotto il peso delle imposizioni burocratiche. Gian Antonio Stella, giornalista noto per avere illustrato gli sprechi e la corruzione della Casta, fa riferimento a 1.109 tra leggi, direttive e ordinanze necessarie per ottenere il via libera alla ripresa della città”.
Al di là della città, il quotidiano britannico ricorda come la crisi italiana stia diventando sempre più profonda, con l’economia che entra nel suo ottavo trimestre consecutivo di contrazione: si tratta della recessione più lunga dalla guerra. Nel decennio fino alla fine del 2012, la terza economia dell’Eurozona ha inanellato 15 trimestri di declino del Pil.
E molti dati confermano il declino: l’istruzione, campo in cui soltanto la Grecia spende meno rispetto all’Italia; le prigioni, con 140 prigionieri che sono stipati in celle che hanno una capienza massima di 100 persone, e che sono le più affollate in Europa.
Per non parlare dei passeggeri che viaggiano in treni, tra i più lenti in Europa. Voletre poi aprire un’attività? Per la Banca Mondiale, costa molto di più aprire un attività in Italia che in Francia, Germania e Regno Unito.
Il Financial Times sottolinea poi che non solo gli italiani, ma anche gli immigrati stanno lasciando il paese.
“L’Italia riuscirà a sopravvivere? Probabilmente no”, dice Pepper Culpepper, professore di scienze politiche presso la European University Institute di Firenze – Lo stato è paralizzato e i partiti politici sono in caduta libera. Nessun sistema politico, anche sotto le pressioni internazionali, è capace di cambiare lo stato delle cose.
“E’ difficile pensare a una realtà così non competitiva come quella dell’Italia. Nessuno può competere qui. Berlusconi e i suoi amici, così come anche i sindacati, combattono tutti contro le riforme, difendendo i loro interessi radicati”, aggiunge David Levine, professore di economia presso lo stesso istituto, secondo cui l’Italia dovrebbe tentare di ristrutturare il proprio debito il prima possibile.
L’incredibile successo nelle elezioni di febbraio ha fatto sì che il Movimento 5 Stelle diventasse la terza maggiore forza del Parlamento: una reazione che Gian Maria Fara, sociologo e presidente dell’Eurispes, ascrive alla “malattia” dell’Italia. “Ma con la leadership idiosincratica di Beppe Grillo, ex comico e blogger più popolare del paese, sembra che il movimento stia perdendo la sua strada, incapace di mostrare una chiara identità dal suo mix eterogeneo di idealisti, estremisti di destra e attivisti di sinistra”.
Fara afferma: “Siamo come Gulliver, un grande corpo bloccato da migliaia di funi rette da lillipuziani”. Altra cosa per Fara è che “l’Italia è lasciata senza un progetto o una visione”, caratterizzata dalla “logica delle piccole città, dove tutti pensano soltanto al proprio giardino”. Di conseguenza, siamo un paese destinato allo stallo.