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L’Australia ha un rapporto debito/Pil attorno al 20% (l’Italia e’ al 116%)

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(WSI) – Recentemente anche noi italiani ci sentiamo lievemente come i “consumatori americani”, consumatori fino al midollo con in media 5 carte di credito a testa.

Non per le carte di credito, quanto invece per il fatto che loro erano i consumatori colmi di debito, che non faceva paura fino ad un paio di anni fa.

Per generazioni, i detentori di bond emessi dai vari governi (in USA come da noi in Italia) hanno campato secondo il principio della “piena fiducia”, trattando tali attività finanziarie come “attività privo di rischio”.

Non a caso, nei vari modelli di asset allocation, si utilizzano i bond governativi come asset privo di rischio per comporre portafogli efficienti.

Oggi con la tempesta finanziaria abbattutasi sui mercati finanziari globali i governi si vedono passare titoli di debito a leva, prima detenuti dalle banche, e vengono sempre più a galla problematiche finanziarie europee ma anche statunitensi (che non sono messi per niente bene quanto ad indebitamento).

L’ancora fondamentale del momento è decisamente la relativa posizione fiscale dei governi, ed in questo contesto l’Australia, il Brasile, ma anche gli altri paesi esportatori di materie prime possono beneficiare della situazione.

L’Australia ha un rapporto debito/Pil attorno al 20% (fonte: Moody’s), mentre il Canada sta attorno all’86%; niente a che fare con un 99% degli USA. Speriamo, a questo punto, di aver contestualizzato l’apertura in gap dell’euro stanotte: non ci sono rimedi pronti per la situazione, occorreranno scelte scomode e quindi la recente volatilità del mercato – che riflette l’instabilità emotiva di chi ci lavora – probabilmente proseguirà nei giorni a venire.

Stamani l’azionario asiatico ha perso oltre il 2%, sulla base di una ridotta propensione al rischio, che ha colpito soprattutto gli esportatori e che ha mandato ancora più in alto il prezzo già incredibile dell’oro (siamo attualmente a 1240$/on.).

Seguendo questa scia, le condizioni del mercato creditizio iniziano a deteriorare: in altre parole, il Libor (London Inter Bank Offer Rate – il tasso interbancario sui prestiti non garantiti) inizia ad elevarsi al massimo da 9 mesi a questa parte ed in particolare il Libor USD overnight sta a 0,445% (ricordiamo che eravamo a 0,25% a febbraio).

Sull’interbancario quindi la tensione si vede, e questo probabilmente si tradurrà in un regime di tassi bassi per Fed e BCE per un periodo più esteso del previsto.

Se vogliamo estrarre un insegnamento importante da tutta questa faccenda sulla Grecia e sulle difficoltà dell’EU, prima di tuffarci nell’analisi tecnica di inizio settimana, è che la stabilità finanziaria e la qualità riescono comunque a primeggiare nei momenti difficili.

Passiamo alla consueta analisi tecnica con un inizio tutto incentrato sul cambio euro/dollaro che, dopo l’illusione di ripresa di settimana scorsa, appare ancora fortemente sotto pressione.

In queste ore ci ritroviamo sui prezzi visti l’ultima volta esattamente quattro anni fa e con una scarsità tale di livelli di supporto da lasciare ipotizzare che il primo grande punto d’arrivo possa essere rappresentato da 1.1640, livello di novembre 2005, da cui poi il cambio partì per la salita sino a 1.6020.

Il livello superiore da considerare in giornata è dato da 1.2330 oltrepassato nella notte dopo qualche tentativo a distanza di ore.

Il dollaro yen ha corretto nella notte, sulla scia del peggioramento dei listini asiatici, pur rimanendo all’interno dei movimenti mantenuti negli ultimi giorni.

Per le prossime ore è da osservare il superamento di 93.30, mentre il livello di supporto di trova piuttosto distante (anche se in questi giorni nulla sembrerebbe essere impossibile) a 90 figura prima e 88.50 poi (suggerito dalla trendline che congiunge i due minimi da fine dell’anno scorso).

È identica la situazione grafica del cambio EurJpy e del cambio GbpJpy. I due grafici negli ultimi dieci giorni sono esattamente sovrapponibili e per entrambi nelle prossime ore appare in avvicinamento un livello di supporto chiave.

Da un lato abbiamo il minimo di 110.60 (200 punti dai prezzi attuali) e dall’altro il minimo a 129.80. In entrambi i casi questo minimo sembra poter essere l’ultimo livello a cui provare a sfruttare un’inversione, successivamente ad un doppio minimo, prima di abbandonare le speranze di risalita nell’immediato e concentrarsi sulla tendenza primaria in discesa.

Interessante il livello dei prezzi del cambio AudUsd, per la vicinanza rispetto al precedente minimo di due settimane fa. Il livello raggiunto è 0.87 figura e su questo supporto si concentrano le ultime speranze di un’inversione del cambio.

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