Società

“L’economia mondiale è entrata in una fase di implosione”

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NEW YORK (WSI) – Nessuna ripresa in vista per l’economia mondiale. Anzi. A sentire David Stockman, ex ministro del Bilancio Usa durante la presidenza Reagan, il sistema economico globale viaggia a passi svelti verso il collasso. Stockman individua in particolare quattro segnali che anticipano l’ingresso in una fase di crollo:

1 – Le banche centrali mondiali stanno mettendo in atto manovre sempre più disperate. “Non passa settimana che una banca centrale abbassi i tassi di interesse, portandoli in territorio negativo. Questa settimana sarà la volta della Svezia. “Credo gli istituti di politica monetaria siano inseriti in una corsa verso il basso, che riconoscono a malapena” ha detto Stockman.

2 – Aumento della volatilità e perdite di mercato. “Negli ultimi tre mesi, abbiamo assistito ad un incremento della volatilità del mercato azionario, che si è comportato come un marinaio ubriaco. Gran parte di questo trend – dice Stockman – è dovuto ai forti rischi che continuano a annidarsi nei debiti sovrani d’Europa, Spagna e Italia in primis. Esiste un enorme rischio nelle obbligazioni di quei due paesi, soprattutto perché non c’è alcuna garanzia che l’UE rimarrà intatta o l’euro sopravviverà”.

3 – Deflazione dei prezzi industriali e delle materie prime. Altro segnale eloquente che le cose non stanno andando nel verso giusto è rappresentato dal crollo delle materie prime, causato dal calo della domanda. Stockman invita ad osservare il prezzo del ferro, che ora a malapena tiene i 60 dollari da un picco di 200 dollari. Ma anche e soprattutto il crollo del Baltic DRy Index, indicatore che misura il carico effettivo delle navi container nelle principali rotte mondiali, considerato ‘leading indicator’ del settore import-export globale.

4 – Diminuzione della domanda a causa del picco del debito. In un contesto già debole, ciliegina sulla torta è rappresentato dal picco del debito privato. Stockman cita a questo proposito un recente studio pubblicato da McKinsey, da cui risulta dall’inizio della crisi, ovvero nel 2008, l’indebitamento privato invece di diminuire è aumentato: ora siamo vicini alla soglia di 200 trilioni di dollari contro i 140 trilioni registrati al momento dello scoppio della crisi. (mt)