(WSI) – Un suggestivo articolo di Clif Droke dal titolo “Axioms of the Global Economic Order”, tradotto in italiano da Wall Street Italia (vedi LA BORSA NON SCENDE: MERCATO MANIPOLATO) ci racconta del progetto di un ordine economico mondiale, come obiettivo della Elite del Denaro, che precluderebbe nei prossimi anni la possibilità di una grande crisi economica.
Il signor Droke, nelle sue interessanti elucubrazioni, purtroppo si lascia sfuggire qualche imprecisione. Non avendo letto alcunché, ma saremmo felici di essere smentiti, della Scuola Austriaca, si lascia andare alla banale generalizzazione “…qui risiede l’origine dell’errore dei ribassisti (cosi come dei seguaci della Scuola Austriaca): danno credibilità al concetto di una vaga, nebulosa “Mano Invisibile” senza mai realizzare neanche una volta che la “Mano Invisibile” è di fatto l’influenza dietro le quinte dei controllori del denaro! Nel mondo di oggi corrisponde quasi per intero al cartello delle banche centrali, compresa la Federal Reserve”.
E’ luogo piuttosto comune di molti opinionisti, ma anche di molti economisti, criticare la Scuola Austriaca senza avere letto per intero una singola opera di Mises, Hayek, e soprattutto di Rothbard. Una semplice infarinatura, frutto della lettura di qualche articolo, magari su un forum o un blog internet, li lancia nella stesura di invettive o commenti superficiali che, come nel caso di Droke, finiscono con l’esporli a pessime cadute di stile e immagine.
Rothbard ha dedicato diversi studi proprio alle cosiddette Elite del Denaro (qual sorpresa per il signor Droke!) scrivendo tra l’altro “The Case against the FED” e “Wall Street, Banks and American Foreign Policy”. In questi saggi Rothbard ha messo in luce le azioni dei vari gruppi di interesse, di natura prevalentemente finanziaria, che nel corso degli ultimi cento anni hanno determinato direttamente tante scelte politiche ed economiche, interne ed estere, degli Stati Uniti e quindi più o meno direttamente tanti eventi storici, felici e più spesso infelici, del ventesimo secolo.
Il secondo dei due libri citati comincia con le seguenti parole: “ Gli uomini d’affari o gli industriali possono essere liberi imprenditori o statalisti; possono farsi strada nel libero mercato o possono cercare di ottenere dal governo privilegi e favori speciali. Compiono le loro scelte in base alle loro preferenze individuali e ai loro valori. Tra di essi, i banchieri sono per natura predisposti allo statalismo”.
La postfazione allo stesso libro, di Justin Raimondo, riassume il succo dei contributi di Rothbard: “come spiega Rothbard nei suoi scritti, la chiave sta nel capire che il denaro è una merce, e come ogni altra merce è soggetta alle leggi del mercato. Un monopolio statale in questo settore, che rappresenta la linfa vitale del sistema economico, è alla base dell’inflazione, dello svilimento della moneta, e della creazione di una plutocrazia permanente il cui potere è di fatto illimitato”. Quanto basta per capire che Droke, perlomeno in merito alla posizione della Scuola Austriaca nei riguardi dell’Elite del Denaro, l’ha sparata un po’ grossa.
Per quanto concerne invece la “vaga nebulosa mano invisibile dei controllori del denaro ”, della quale gli economisti austriaci non si renderebbero conto, è ironico, per la stessa reputazione di Droke, che tale tema sia proprio uno dei principali oggetti di studio della Scuola Austriaca. La teoria austriaca del ciclo economico, esposta per la prima volta da Mises, ruota intorno all’espansione del credito operata dal sistema bancario.
Nel XX secolo la definitiva introduzione della banca centrale sulla scena americana e la successiva rimozione del gold standard hanno potuto rendere il controllo economico finanziario da parte delle Elite del Denaro molto più efficace di quanto fosse nel XIX secolo. L’interpretazione austriaca è quindi particolarmente incentrata sul ruolo chiave giocato dalle banche centrali nel generare (volontariamente) distorsioni di mercato che conducono a periodi di boom e recessione, ovvero che generano il cosiddetto ciclo economico, sempre accusato di essere una contraddizione inerente al sistema capitalistico.
Ma andiamo oltre. Droke scrive: “il più importante obiettivo della Elite del denaro è una economia mondiale totalmente integrata”. E qua il signore Droke commette due grossi errori in una sola frase. Un’economia mondiale totalmente integrata non è un obiettivo della Elite del Denaro. L’economia totalmente integrata è il risultato inevitabile delle forze del processo competitivo che tendono costantemente a superare le barriere nazionali. E’ la forza della concorrenza, del competere per riuscire a servire meglio e al costo più basso il più largo numero di consumatori, a portare verso la globalizzazione.
Il risultato di tale processo è appunto l’economia integrata che connette tutti gli agenti economici in un mercato globale in grado di espandere i benefici dell’economia di mercato all’intero pianeta. Droke avrebbe dovuto dire, più correttamente, che l’obiettivo delle Elite è il controllo delle risorse e della ricchezza del pianeta tramite una moneta mondiale totalmente cartacea. In altre parole la realizzazione del sogno keynesiano, ben analizzato con spietate critiche e concreto realismo, guarda caso, ancora una volta, proprio dagli economisti di Scuola Austriaca e con maggior acume dallo stesso Rothbard!
Questo sogno si è in parte realizzato nelle ultime decadi, ma è ancora lungi dall’essere pienamente realizzato. Come scrive Rothbard, questa volta in Making Economic Sense: “finora, fortunatamente, l’incapacità di riuscire a coordinare decine di governi ci ha risparmiato la realizzazione di questo ideale keynesiano”. In effetti, il signor Droke nel raccontare la sua suggestiva storia, non considera che gli interessi dei gruppi di potere avvinghiati ai governi di tutto il mondo, sono difficilmente conciliabili sotto un unico progetto condiviso da tutti.
E’ sempre Rothbard che nell’analisi storica dei gruppi di potere, gli stessi che portarono alla costituzione della Fed nel 1913, ha esaminato l’evoluzione del trend inarrestabile grazie al quale le elite hanno spinto gradualmente il paese ad abbandonare i principi improntati al liberalismo classico per intraprendere la infelice via dello stato onnipontente. In particolare, Rothbard descrive le lotte tra le diverse elite economiche e finanziarie all’interno degli stessi USA.
Se quei conflitti possono avere trovato una qualche sorta di conciliazione grazie all’istituzione del Council of Foreign Relations (1921) e più tardi della Trilateral Commission (1973, “una commissione ancora più elitaria ed esclusiva del CFR ), nuovi conflitti sono sempre pronti a emergere e altri possono essere sempre presenti a livello di coordinazione mondiale.
Sempre nella sua postfazione a Wall Street, Banks, and American Foreign Policy, Raimondo scrive: “Il lavoro di Rothbard, nello scoprire le radici storiche ed economiche di questo trend (di controllo della ricchezza e di influenza sui processi economici) è di vitale importanza nel capire che tutto ciò non costituisce una pura teoria “conspirazionista” incentrata sul CFR e i gruppi trilateralisti… Metto la parola “conspirazionista” tra virgolette… se infatti si considera frutto di un complotto il credere che gli esseri umani intraprendano azioni propositive per realizzare i loro obiettivi economici, politici, e personali, allora in questo senso tutti gli uomini e le donne razionali dovrebbero essere ritenuti necessariamente colpevoli di complottismo. L’alternativa sarebbe infatti affermare che l’azione umana non ha alcun scopo, che essa è casuale, inesplicabile. La Storia, in questo senso, sarebbe una serie di incidenti discontinui”.
Tornando ai mercati, e ai poteri delle Elite, dei quali la Fed rappresenta solo il più ingegnoso strumento, Droke mostra un atteggiamento un po’ troppo aggressivo e veramente complottista. Dire che il crollo del ’29 è stato deciso dalla Elite del Denaro, equivale quasi a dire, riferendoci a un evento più recente, che l’attacco alle torri del 2001 sia stato deciso, per fini analoghi, dagli stessi gruppi di potere. Ipotesi affascinanti quanto spaventose che implicano congetture veramente conspirazioniste, nel senso che attribuiscono tutti i mali a una singola entità monolitica. E’ ben possibile che certe crisi siano in un certo grado desiderate dalle Elite.
Non è un caso, infatti, che il processo di statalizzazione (cioè un grado di intervenzionismo economico sempre più massiccio e pesante), compia dei passi da gigante proprio in seguito a una crisi (si veda appunto il post 29 o il post settembre 2001). L’infelice credenza delle masse, stimolata dalle più variegate fantasie socialiste (da quelle di Marx fino a quelle di Keynes), che la crisi sia riconducibile a qualche difetto del mercato, spinge infatti la gente ad accettare, se non addirittura a richiedere maggiori interventi proprio da coloro che quelle crisi le hanno, più o meno direttamente, causate.
Tuttavia, questo livello estremo di complottismo, tende a nostro avviso a sottovalutare i rischi associati all’immensa portata di certi eventi, tali da sfuggire di mano e coinvolgere negativamente gli stessi autori. Sarebbe pertanto troppo pensare che le Elite del Denaro siano in grado di controllare perfettamente le evoluzioni di un sistema politico ed economico composto da miliardi di individui, e frutto dei loro milioni di miliardi di interazioni. Equivarrebbe ad attribuire a tale Elite un carattere divino che nessuno sulla terra, per quanto si sforzi, potrà mai ottenere. E’ quindi possibile, e anche probabile, che qualcosa vada storto nei piani delle Elite, e che certi controlli sfuggano loro di mano.
Le forze del mercato, ad un certo punto sono talmente potenti da costringere anche le Elite ad adattarsi alle nuove e a volte impreviste evoluzioni. La globalizzazione in tal senso potrebbe essere considerata come una di queste evoluzioni che ha spinto nel tempo le elite ad abbandonare definitivamente i vecchi schemi protezionistici. Naturalmente, grazie alla invenzione delle banche centrali e della soppressione del gold standard, le elite hanno trovato i mezzi per adattarsi benissimo alle nuove condizioni, e per sfruttarle ancora meglio di quel che le barriere protezionistiche potevano permettere loro in precedenza.
Per concludere e tornare al vero punto del pezzo di Droke, quale destino per i mercati azionari? La teoria austriaca spiega perché l’espansione del credito beneficia alcuni a danni di molti altri. Spiega come essa inevitabilmente crei distorsioni nel mercato. Aiuta a comprendere, e lo abbiamo spiegato nel nostro articolo “Verso la fine del mercato”, come il controllo e la manipolazione di certe variabili e di certi prezzi, porti al controllo di altri e alla progressiva pianificazione forzata dell’economia. L’intero processo distrugge l’economia di mercato e causa inevitabilmente una crisi.
E’ possibile che questa crisi non scalfisca affatto i poteri delle Elite, anzi che in un certo modo li rafforzi, come è molto probabile che allo stesso tempo generi degli stravolgimenti nei gruppi di controllo, per quel che riguarda la divisione dei pesi relativi all’interno della stessa Elite. E’ possibile che la crisi giunga nei prossimi mesi, o come sostiene Droke, benché per altri motivi da quelli da lui sostenuti, possa essere rimandata ancora per qualche anno.
Di fatto essa era giunta a maturazione alla fine degli anni novanta, a seguito dell’espansione creditizia durata circa due decadi, ed è stata abilmente rimandata dagli interventi della Fed degli ultimi anni. Ciò, come sappiamo, grazie anche ai contributi della Scuola Austriaca, è avvenuto a costo di ulteriori squilibri e distorsioni sempre più pesanti nei processi di mercato. Potenzialmente, a causa dell’intervento della Fed, è già maturata una crisi ben più ampia e forte di quella che sarebbe potuta verificarsi tra il 2000 e il 2003.
La verità è che nessuno è in grado di sapere quando essa emergerà e soprattutto con quali dinamiche si manifesterà. Neanche la stessa Elite del Denaro. La crisi potrebbe essere l’occasione per il grande salto volto alla realizzazione del sogno Keynesiano e dell’incubo Orwelliano, o viceversa, potrebbe rappresentare la debacle di una avidità che si è spinta troppo oltre.
Nel dispiegarsi della grande crisi, è possibile che i mercati riassumano il loro trend ribassista per andare a fare nuovi minimi, come è possibile che, nonostante la crisi, rimangano in un trend laterale per altri cinque, dieci o venti anni.
Dal 1970 al 1980 il Dow Jones rimase in un trend laterale, ma in termini reali perse oltre l’80%. Considerato il recente successo degli sforzi reflazionistici della Fed, è anche possibile, come dice Droke, che i mercati continuino a salire. Durante l’iperinflazione tedesca del periodo 1919-1923 l’indice tedesco smise di scendere nell’agosto del 1919 quando toccò 99 punti. Da allora, grazie agli sforzi reflazionistici della banca centrale tedesca, riprese a salire, e tra alti e bassi, raggiunse nell’agosto 1923 i 1200 punti. In termini nominali una bella performance del 1100%. In termini reali un crollo del 94%. Questione di dinamiche monetarie.
Questione di Elite, ma non solo.
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