ROMA (WSI) – Dopo dieci anni l’Italia ha una nuova legge elettorale. Ormai manca solo la firma del presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Entrerà in vigore da luglio dell’anno prossimo e varrà solo per la Camera.
La legge è passata con 334 si e 61 voti contrari, mentre gran parte dell’opposizione ha deciso di disertare l’aula per protesta. Per il momento vale solo per la Camera, nell’attesa che il Senato venga modificato per effetto della nuova riforma costituzionale, che lo renderà indirettamente elettivo.
Il sistema elettorale scelto è quello proporzionale. Il calcolo sarà fatto su base nazionale, ma è previsto un corposo premio di maggioranza il cui è obiettivo è garantire la governabilità a un paese in cui è spesso venuta a mancare.
La coalizione o partito che otterrà il 40% delle preferenze otterrà un premio di maggioranza, che garantirà 340 seggi, cioè il 55% del totale. Se nessuna lista supera il 40% è previsto un secondo turno, cioè un ballottaggio tra le due liste che hanno ottenuto più voti. La soglia minima di sbarramento da superare è del 3%, il che dovrebbe essere sufficiente a garantire l’ingresso in parlamento anche dei piccoli partiti come Sel e Fratelli d’Italia.
Ciononostante, le opposizioni al governo Renzi sono ancora sul piede di guerra, per i modi oltre che per i contenuti con cui è stata modellata e approvata la legge.
Le opposizioni, Lega Nord, Forza Italia, Sel e MoVimento 5 Stelle pensano a indire un referendum abrogativo, ma prima di allora la scelta porta il nome di Aventino.
Contro l’approvazione della legge elettorale, avvenuta ieri sera alla Camera, tutti i partiti di opposizione – Forza Italia, Lega, Fratelli d’Italia, Movimento 5 stelle e Sel – hanno aderito a un disegno comune. Lo ha reso noto il presidente dei deputati Fi Renato Brunetta, al termine dell’assemblea del suo gruppo a Montecitorio, in attesa della seduta finale della Camera sulla riforma della legge elettorale.
“Nessuna delle opposizioni parteciperà al voto finale. Non vogliamo essere parte di una giornata funerea per la democrazia italiana. Il Paese deve sapere che chi lo governa, Matteo Renzi, fa una violenza inaccettabile al Parlamento e alla democrazia: vuole essere un uomo solo al comando. Per questo poi promuoveremo anche un referendum abrogativo. E devono saperlo la Corte costituzionale, visto che la riforma del sistema di elezione del Parlamento è approvata a colpi di maggioranza grazie a voti di deputati eletti con un premio dichiarato incostuzionale dalla Consulta ed altri eletti dal centrodestra. E deve saperlo il presidente della Repubblica Sergio Mattarella a cui chiediamo di riflettere prima di firmare questa legge”.
Dal Pd Gianni Cuperlo afferma: “Noi comunque ci differenzieremo dalle opposizioni”, e dunque se Fi, Sel e M5s non parteciperanno al voto, l’orientamento dei 38 dissidenti è stato il voto contrario.
__________________________________
“Davanti ad una legge elettorale truffa della democrazia che rischia di consegnale il paese ad una deriva autoritaria senza precedenti nella storia della Repubblica e davanti ad un metodo violento messo in atto dal presidente Renzi e dalla sua maggioranza per approvare l’Italicum alla Camera, Forza Italia ritiene che la via maestra per rimarginare questa assurda ferita sia quella di promuovere un referendum e chiedere agli italiani di esprimersi su questo inaccettabile sistema di voto, aveva annunciato il capogruppo Fi in commissione Bilancio, Rocco Palese, lo scorso giovedì, 30 aprile.
“Sfidiamo Renzi, sfidiamo la sua esigua maggioranza ormai orfana di una parte consistente del Pd. La regole del gioco vanno fatte con responsabilità e possibilmente con largo consenso, certamente non vanno fatte con fiducie a raffica e con forzature alle più semplici regole istituzionali”.
Idem SEL: Arturo Scotto, capogruppo di Sel alla Camera, ha parlato dell’esigenza di mettere in campo “tutte le iniziative possibili per via parlamentare o coinvolgendo cittadini”.
Sono 38 i deputati del Pd che non hanno votato la fiducia posta dal governo Renzi all’articolo 1 della legge elettorale.
Si tratta di 36 non partecipanti al voto: Roberta Agostini, Tea Albini, Pierluigi Bersani, Rosi Bindi, Luisa Bossa, Vincenza Bruno Bossio, Angelo Capodicasa, Eleonora Cimbro, Pippo Civati, Gianni Cuperlo, Alfredo D’Attorre, Marilena Fabbri, Gianni Farina, Stefano Fassina, Vincenzo Folino, Paolo Fontanelli, Filippo Fossati, Carlo Galli, Andrea Giorgis, Marialuisa Gnecchi, Monica Gregori, Francesco Laforgia, Enrico Letta, Danilo Leva, Patrizia Maestri, Gianna Malisani, Marco Meloni, Anna Miotto, Michele Mognato, Delia Murer, Giorgio Piccolo, Barbara Pollastrini, Nico Stumpo, Guglielmo Vaccaro, Giuseppe Zappulla, Davide Zoggia. Due i deputati in missione Guglielmo Epifani e Roberto Speranza.
Assenti giustificati Gianluca Benamati per motivi di salute, Paolo Genovese agli arresti e Lapo Pistelli in missione in Libia.
“Grazie di cuore ai deputati che hanno votato la prima fiducia” sull’Italicum. “La strada è ancora lunga, ma questa è la volta buona”, ha twittato il premier Matteo Renzi.
Così Gianni Cuperlo: “Sento la responsabilità di questa scelta, che mi addolora. Mi sento parte di una comunità ma è un segnale legittimo e necessario dopo lo strappo incomprensibile, a vedere i numeri e la tenuta del Pd” sulle pregiudiziali.
Ancora: “è difficile immaginare che questo strappo non abbia ripercussioni anche sui termini politici della legislatura e forse anche sui tempi. Ma non ho strumenti per fare una previsione. Mi sembra che se c’era la possibilità che la legislatura avesse un accorciamento dei suoi tempi, porre la fiducia in questo modo sulla legge elettorale, certo, non aiuta”.
Alta tensione. Nel primo pomeriggio Alfredo D’Attorre, esponente della minoranza democratica, aveva annunciato che non avrebbe partecipato al voto di fiducia. “Qui non si tratta di una fiducia ordinaria, questa è una scelta che lascerà una macchia su questo governo e su questa legislatura”.
“Ho ritenuto fino a ieri inconcepibile la fiducia, una scelta anomala visto anche che per ben tre volte si è impedito il confronto in commmissione. Oggi non votiamo un atto di fiducia ordinario ma un atto che segna un’invasione di campo sbagliata del governo su una materia come le regole del gioco, una scelta che rischia di alimentare il distacco tra cittadini e politica”.
Il deputato del Pd Daniele Marantelli aveva invece detto: “Pur essendoci adoperati per evitare la fiducia, rispettiamo la scelta del governo, che non aveva alternativa davanti alla richiesta dell’opposizione di voto segreto. Le deputate e i deputati del Pd voteranno sì anche perché il governo deve proseguire nel lavoro delle riforme”.
Una critica è stata rivolta al Movimento 5 stelle: “Anche questa volta vi siete sottratti al confronto e alla possibilità di contribuire alle riforme”.
IL DOCUMENTO PD: “Aver messo la fiducia sulla legge elettorale è un atto che si sarebbe potuto evitare. In queste ore veniamo chiamati a esprimere ad alta voce la nostra posizione. Dovremo dire se confermiamo la nostra fiducia al Governo oppure no. Lo facciamo di fronte ai cittadini italiani. Se non ci fossero i numeri il Governo cadrebbe, con tutte le conseguenze del caso. E cadrebbe sulla legge elettorale. Tutti riconoscono che la legge elettorale uscita dal Senato sia molto migliore di quella votata dal PD nel primo passaggio alla Camera. E se è migliore è grazie alle modifiche significative frutto soprattutto del lavoro di Area Riformista e del dialogo dentro il Pd. Un risultato che abbiamo il dovere di rivendicare con forza anche se non condividiamo il numero eccessivo di eletti bloccati. L’abbiamo detto, scritto e lo confermiamo”.
“Questo non ci impedisce di dire che riteniamo un grave errore aver continuamente esasperato i toni. Questo passaggio poteva essere gestito in modo del tutto diverso e meno conflittuale. E le forzature, iniziate con il Jobs Act sui licenziamenti collettivi, e proseguite anche in questi giorni fino alla raccolta di firme tra i Segretari regionali e provinciali fatta in una fase così delicata sono state degli errori. Come se sul territorio non ci fossero già abbastanza problemi. Così si è solo dimostrato una volta in più che le prove muscolari non portano lontano. Chiunque le faccia. Non votare la fiducia non è una dimostrazione di coraggio. È una scelta politica. E la nostra scelta è sempre, coerentemente, invece quella di migliorare i provvedimenti e costruire le condizioni del dialogo e dell’unità nel PD. In modo ostinato. Contro gli estremisti e i tifosi. Un ruolo molto scomodo. Del resto il nostro riferimento è sempre stato e rimane la carta d’intenti dell”Italia Giusta’”.
E ancora: “abbiamo sempre creduto che il punto di equilibrio sulle Riforme si potesse trovare non concentrandosi solo sulla legge elettorale ma sull’equilibrio tra la nuova legge elettorale e le Riforme Istituzionali. In particolare sulle funzioni e sulla conseguente composizione del Senato. Noi ci crediamo veramente. Su questo punto il Ministro delle Riforme due giorni fa ha usato in Aula parole di disponibilità che oggi il Presidente del Consiglio ha pubblicamente rilanciato. Sono solo parole o sono impegni concreti? Se sono impegni concreti allora per noi devono subito tradursi in fatti e proposte chiare”.
“Migliorare la riforma della Costituzione diventa determinante per migliorare gli equilibri e quindi il profilo democratico delle intere Istituzioni. Questo è strettamente connesso con la legge elettorale. Determina l’assetto complessivo e quindi il giudizio sulla qualità delle riforme. Una cosa che sarebbe utile all’Italia e agli italiani. Il nostro impegno proseguirà senza sosta sui temi dello sviluppo, del lavoro e della giustizia sociale, che rappresentano oggi le preoccupazioni principali delle cittadine e dei cittadini italiani e che sono il fondamento di una azione riformista di Sinistra. lo faremo dalla nostra salda posizione di minoranza del partito, una minoranza solida, autonoma nelle scelte e responsabile nei comportamenti”.
Emanuele Cozzolino, deputato del Movimento 5 stelle: “Voi e noi siamo tutti con le spalle al muro, è arrivato il momento delle decisioni, il momento dei fatti”. I ribelli del Pd sono stati definiti “specialisti del penultimatum”, per i quali “la battaglia decisiva è sempre la prossima“. I deputati del Movimento 5 stelle hanno deciso di partecipare alla prima chiama prevista per ieri, “anche per verificare in quanti del Partito democratico non voteranno oppure entreranno in aula e voteranno no”.
SEL – Per Sel ha parlato Arturo Scotto, presidente dei deputati, contro la prima delle tre fiducie. “Un filo rosso” lega le iniziative del Governo, ed è “il potere. Più potere al premier, potere al dirigente scolastico, potere all’imprenditore di licenziare”.
“Per voi la politica è un quotidiano duello, in campo ci sono sempre e solo due contendenti, uno vince e comanda e l’altro perde, muore e scompare”.
UDC invece a favore, con forti polemiche alla “La decisione unilaterale del vicesegretario Nazionale Udc De Mita”.
Di fatto, la decisione “di non votare la fiducia al governo è il grave tentativo di cancellare definitivamente un processo come quello di Area Popolare, annunciato pochi giorni fa da Angelino Alfano e Lorenzo Cesa”, ha detto il presidente dell’Udc, Gianpiero D’Alia: “Scelta grave, immotivata, discussa forse solo nel chiuso di Nusco, quella di non votare la fiducia a Renzi che il nostro partito deve invece confermare col voto di fiducia. Come presidente dell’Udc faccio appello al gruppo dei deputati eletti nella nostra lista perchè sostengano Renzi, così come giustamente faranno gli amici di Ncd e come si è deliberato negli organi di partito”.
SCELTA CIVICA: “Non siamo contenti sia stata messa la fiducia ma è evidente che non è stato possibile fare diversamente anche perchè c’è stata la volontà di ricorrere al voto segreto anche da parte di chi questa legge l’ha votata”, ha detto il deputato Andrea Mazziotti Di Celso annunciando il voto a favore del suo partito e ricordando all’esecutivo di avere la “stessa energia e determinazione anche un po’ feroce anche su altri temi come la riforma della scuola, le partecipate inutili, il decreto sugli enti locali”.
“Il voto di fiducia ha un significato solo: dire se il governo deve proseguire o no. Trovo strano che esponenti di maggioranza non votino la fiducia, la coerenza vuole altro. Per questo Scelta civica voterà la fiducia. Ci aspettiamo che in futuro ci sia lo stesso tipo di determinazione su altri aspetti, finora non affrontati con la stessa decisione, come le misure per il sistema produttivo, per aiutare le imprese a crescere, per la competitività”.
FORZA ITALIA: Dopo la “deludente” rottura del patto del Nazareno, avvenuta in occasione dell’elezione di Sergio Mattarella presidente della Repubblica, è “doveroso cambiare il nostro voto sull’Italicum”, ha detto Maria Stella Gelmini, nell’annunciare il no del suo partito alla fiducia.
“Il patto del Nazareno è stato archiviato per il desiderio di avere un Pd compatto all’elezione del presidente della Repubblica. Da allora il patto è diventato intermittente e come poteva resistere se il capitolo Quirinale è stato scritto a due mani anziché a quattro? Il terreno dell’accordo è stato minato e fatto brillare per calcolo poltico, per avere l’unità del Pd, unità che ora si vede quanto effimera fosse, al prezzo di mandare all’aria un’occasione storica per il paese. E’ doveroso cambiare il nostro voto dopo allora”. Nel merito Gelmini ha definito “inaccettabile il premio alla lista e l’abbassamento della soglia di sbarramento a livelli lillipuziani, a misura della frantumazione dell’opposizione. Al Senato votammo contro su questi punti, salvo poi dire sì sul voto finale in nome di un accordo e della scelta condivisa scelta dell’arbitro”.
“Avevamo sperato – ha sottolineato Gelmini – in un finale diverso, non avremmo mai immaginato che dalle regole scritte insieme si passasse alla sostituzione di dieci membri in commissione fino all’approvazione della legge elettorale con la fiducia. Queste sono le ragioni che hanno portato Fi a cambiare posizione e a esprimere un no sofferto e convinto nel merito e sul metodo. La legge elettorale non è di competenza del governo ma rappresenta un ambito di stretta competenza del Parlamento. Non può politicamente e costituzionalmente essere condizionata dal sì o dal no a un governo che è e resta contingente”.
“Il voto di fiducia ribadisce la rottura del metodo del dialogo che appartengono a ogni sana democrazia e segna una distanza in modo incolmabile da ciò che era il patto del Nazareno, un punto di svolta degli ultimi anni. Nelle intenzioni di Berlusconi serviva alla complessiva pacificazione del quadro politico e il rasserenamento dei rapporti tra politica e giustizia, serviva a mettere un solido argine al fiume di veleni che da 20 anni scorre. Anche la migliore delle leggi elettorali approvata con una maggioranza risicata avrà sempre una vita stentata”.
LEGA: Il deputato Cristian Invernizzi: “Noi votiamo no perché create un precedente pericolosissimo, votiamo no perchè speriamo di andare al voto e che il prossimo presidente eletto sia della Lega”.
“Il premier sta dando una serie di lezioni, anche a noi che lo contrastiamo, e sento di doverlo ringraziare, ci ha fatto capire come bisogna governare nel 2015: per lui: il dibattito e il confronto parlamentare sono superati, sono vecchi e stanchi riti della politica”.
(DaC-Lna)