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(WSI) – Le proteste dei lavoratori della Fiat contro un sindacato appiattito sulla linea del governo Prodi, che hanno caratterizzato la visita a Mirafiori dei tre leader della Cgil, della Uil e della Cisl, Guglielmo Epifani, Luigi Angeletti e Raffaele Bonanni hanno destato sorpresa. Ma s’è trattato di dissensi per nulla sorprendenti, per chi non ragiona in politichese.
Fra le proteste maggiori è emersa quella riguardante l’avocazione all’Inps dei fondi del Tfr. I lavoratori della Fiat avrebbero voluto che queste somme riguardanti le loro future liquidazioni rimanessero nell’impresa in cui lavorano, perché ciò avrebbe contribuito al suo finanziamento. Non si fidano della loro avocazione allo stato che potrebbe essere, dal loro punto di vista, il preludio di una riduzione del diritto alle indennità di anzianità.
Si considerano meglio garantiti a livello aziendale dalla loro forza contrattuale, che non a livello nazionale dalle decisioni di vertici sindacali, che giudicano troppo politicizzati. E, comunque, avrebbero voluto essere consultati preventivamente sul Tfr, come su tutta la manovra di finanza pubblica.
La politica redistributiva per i “non capienti” e i bassi redditi non risulta necessariamente gradita alle famiglie dei lavoratori delle grandi fabbriche, che non sono a favore dell’economia assistita e, spesso, occupano fasce di reddito superiori ai livelli minimi.
Sulle pensioni pesa soprattutto l’attuale regime di incertezza. Si fa della retorica sui lavori usuranti, ma essi esistono nel reparto presse della Fiat. E il festeggiamento dell’azienda automobilistica in uscita dalla crisi da parte di Epifani è apparso a molti come retorico, perché si sa che i problemi non sono finiti. E, comunque, non è detto che il destino di Mirafiori e la ripresa della Fiat siano convergenti.
Soprattutto, non dovrebbe sorprendere la scarsa simpatia che è stata dimostrata dai partecipanti alle due assemblee nei riguardi della leadership governativa di Romano Prodi. La sua immagine, da Mirafiori, appare quella d’un ex grande boiardo di imprese di stato e d’un super burocrate europeo, consulente e amico di grandi banche. Niente a che fare con Gramsci, con Gobetti o con Cipputi.
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