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(WSI) – Secondo Klapwijk, presidente di Gfms, il metallo giallo è destinato a crescere anche nei prossimi mesi. Si conferma sostenuta la domanda di «fisico».
INVESTIMENTI DI RITORNO A quasi cinque anni dallo sparo dello starter, la corsa dell’oro non sembra essere per niente affaticata. Proprio nella seduta di venerdì 16 il metallo prezioso ha fatto segnare il nuovo record degli ultimi 17 anni a 459,20 dollari. Dal minimo del febbraio 2001, intanto, il guadagno sfiora l’80 per cento. Secondo Philip Klapwijk, presidente della società di consulenza nel campo dei metalli preziosi Gfms, il rally dell’oro potrebbe toccare 480 dollari entro l’anno e poi volare anche oltre quota 500.
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Mister Klapwijk, che cosa la spinge a prevedere un ulteriore rialzo?
La domanda di oro fisico è molto forte, mentre l’offerta è debole. Questo si riflette sulle quotazioni. Nel solo campo della gioielleria la richiesta è aumentata di 200 tonnellate, pari a un più 16% annuo, a cui hanno fatto fronte «solo» 180 tonnellate in più di offerta.
Da quali Paesi proviene la domanda più forte?
Soprattutto dall’India dove possedere gioielli è ancora visto come il modo migliore per conservare la ricchezza. Altri grandi acquirenti rispondono al nome di Cina, Turchia e Arabia Saudita. È facile prevedere che la domanda di oro non diminuirà fintanto che le economie cinese e indiana continueranno a crescere ai ritmi attuali.
Più in generale, quale sarà la quantità di oro prodotta nel 2005?
Nei primi sei mesi di quest’anno sono state estratte 1.172 tonnellate, solo una tonnellata in meno rispetto al 2004. Su questo dato ha pesato lo sciopero dei lavoratori sudafricani che ha bloccato la produzione del metallo per diverse settimane. Nell’arco dell’anno invece avremo una crescita complessiva dell’1%, che rappresenta comunque il secondo peggior risultato a partire dal 1997.
Come procede la riduzione delle vendite a termine da parte dei maggiori produttori?
Nel primi sei mesi dell’anno il valore dei cosiddetti «hedge book», ovvero dei quantitativi di oro venduto a un prezzo stabilito in anticipo e non sul mercato spot, è diminuito di 100 tonnellate. Entro fine anno il quantitativo raddoppierà ma il record stabilito nel 2004 a 330 tonnellate rimarrà lontano. Quel che è certo è che la riduzione delle vendite a termine non è una moda temporanea, anche perché negli ultimi anni molte società minerarie hanno pagato a carissimo prezzo questa pratica, tanto che alcune di loro hanno rischiato il fallimento.
E qual è l’andamento dei costi di produzione dell’oro?
Nel trimestre aprile-giugno i costi sono cresciuti di 24 dollari l’oncia rispetto a dodici mesi prima, arrivando così a toccare 272 dollari. Questo rialzo è stato determinato dai maggiori costi dell’energia. I prezzi per estrarre l’oro si manterranno però alti anche nel caso in cui il greggio inizi a scendere. Il numero di miniere giovani è in continuo calo e per estrarre è necessario andare sempre più in profondità, un’operazione ovviamente molto costosa.
Quale è invece la situazione sul fronte finanziario?
Anche in questo campo tutto depone a favore di un ulteriore rialzo dell’oro. L’entità del già altissimo deficit del governo Usa è destinato a crescere ulteriormente a causa dei costi inflitti al Paese dall’uragano Katrina. Questo prolungherà la debolezza del dollaro, che si rifletterà a sua volta in una maggiore forza dell’oro. Non bisogna poi dimenticare che la crescita dei deficit Usa è una dinamica in atto da parecchi anni. Se poi, come previsto da Alan Greenspan, l’inflazione dovesse tornare ad alzare la testa, allora le ragioni per un investimento in oro sarebbero ancora più forti.
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