La seconda metà dell’anno sarà dominata dalle incognite su tempi e modalità del processo di normalizzazione delle politiche monetarie sulle due sponde dell’Atlantico. La Federal Reserve sembra pronta a iniziare l’opera di smaltimento del suo bilancio, gonfiato fino a 4,4 mila miliardi di dollari, cinque volte i valori del 2008. La Banca centrale europea, dal canto suo, dovrebbe intensificare il dibattito su un’ulteriore riduzione dello stimolo monetario, sceso ad aprile a 60 miliardi di euro di acquisti su base mensile, dagli 80 miliardi precedenti. Ma secondo molti osservatori è decisamente presto per parlare di una fine delle politiche accomodanti, che, in ogni caso, avrà sfumature molto differenti nelle varie regioni.
“La Fed e compagne, incoraggiate da condizioni finanziarie molto agevolate, hanno deciso di procedere verso una normalizzazione. Si tenga a mente, però, che gran parte delle banche centrali coinvolte in questo programma, anziché passare ai fatti, stanno ancora soltanto parlando di mettere fine all’accomodamento – ricorda Michael O’Sullivan, capo degli investimenti per l’International Wealth Management di Credit Suisse -. A un certo punto, presto, ci sarà uno scontro tra banche centrali e mercati sul fatto che la strada imboccata dalle autorità monetarie sia effettivamente giustificata e sull’effettiva correttezza del quadro inflazionistico”
Quale sarà l’esito di questo conflitto tra policy maker e investitori? O’Sullivan non sembra avere dubbi.
“Ne emergeranno curve dei rendimenti più ripide negli Usa e in Europa; la volatilità dovrebbe aumentare, come tende a fare quando si verifica un movimento tettonico nella politica monetaria. Le banche centrali che non sono realmente aggressive come dichiarano di essere, assisteranno a un indebolimento delle valute e a questo proposito citerei la Bce. Non credo sia pronta per un apprezzamento significativo dell’euro e con il posizionamento lungo sulla moneta unica che ha toccato un massimo, ci atteniamo al nostro giudizio negativo sulla moneta unica”.
Un altro tema dominante resterà la rotazione dei portafogli a livello globale. Secondo il responsabile investimenti del wealth management di Credit Suisse, lo spostamento dai titoli ‘growth’ ai titoli ‘value’ potrebbe proseguire.
“In occasione della recente riunione del nostro comitato d’investimenti, abbiamo promosso il settore delle telecomunicazioni ad outperform, declassando contestualmente le azioni immobiliari da outperform a neutrali”.
Nel prossimo trimestre, l’enfasi degli operatori sarà sulla salvaguardia delle performance, in un ambiguo contesto di volatilità (troppo) contenuta. A settembre il focus sarà sulla Fed, che sembra marciare verso una riduzione del suo bilancio, e a ottobre sul Congresso del Partito Comunista cinese, che definirà gli equilibri di potere nel colosso asiatico, condizionando inevitabilmente il processo di riforme in atto. Sullo sfondo, rimane l’escalation dei rischi geopolitici (Golfo, Corea del Nord, Siria) e le conseguenti implicazioni sul fronte petrolifero.