Come da attese degli analisti, la Bce oggi ha rialzato i tassi di 25 punti base. Ciò fa salire il tasso di riferimento al 4%, quello sui depositi delle banche presso la Bce al 3,25% e quello per la lending facility al 4,25%. Il motivo dietro questa mossa è sempre lo stesso: l’inflazione. Che “sta scendendo, ma si prevede che rimarrà troppo alta per troppo tempo. Il Consiglio direttivo è determinato a garantire che l’inflazione torni tempestivamente al suo obiettivo di medio termine del 2%”, spiega la Banca Centrale Europea in una nota.
Le previsioni della Bce
La Bce prevede inoltre un’inflazione headline media al 5,4% nel 2023 (dal 5,3% indicato a marzo), del 3% per fine 2024 (dal 2,9%) e del 2,2% per fine 2025 (dal 2,2%). Le proiezioni di inflazione al netto di energia e alimentari sono state riviste al rialzo, soprattutto per quest’anno e il prossimo. L’inflazione al netto di energia e alimentari dovrebbe essere al 5,1% medio a fine anno (rispetto al 4,6% di marzo), al 3% (dal 2,5%) nel 2024 e al 2,3% (dal 2,2%) nel 2025.
La crescita del Pil è stimata allo 0,90% nel 2023 (1% a marzo); all’1,50% nel 2024 (dall’1,6%) e stabile all’1,6% nel 2025.
Le prossime mosse della Bce
La Bce ammette che la sua politica monetaria restrittiva sta sortendo degli effetti sull’economia, con il costo del credito in salita e un rallentamento dei prestiti. “L’inasprimento delle condizioni di finanziamento è uno dei motivi principali per cui si prevede un ulteriore calo dell’inflazione verso l’obiettivo, in quanto dovrebbe frenare sempre più la domanda”, spiega la banca centrale in una nota. Tuttavia, la Bce non intende fermare la stretta monetaria. Lagarde ha dichiarato:
“Abbiamo terminato il cammino? No, non siamo a destinazione. Abbiamo altra strada da fare? Sì. A meno di cambiamenti radicali nella nostra previsione di base, continueremo ad alzare i tassi al prossima riunione, non stiamo pensando a una pausa”.
Inoltre, il Consiglio direttivo ha confermato che interromperà i reinvestimenti nell’ambito del programma di acquisto di attività a partire dal luglio 2023.
L’impatto sui mutui a tasso variabile
Il rialzo dei tassi della Bce porterà a un aumento della rate dei mutui a tasso variabile di 20 euro al mese, ossia di 240 euro l’anno. Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori, precisa:
“Un rincaro che, considerato che in Italia i piani di ammortamento sono alla francese, vale per chi ha sottoscritto da poco il contratto e ha ancora una quota di interessi molto alta, ma che ovviamente va scemando man mano che il mutuo si avvicina alla sua scadenza e si paga quasi soltanto la quota capitale”.
Non è un caso che siano in calo le richieste di mutui a tasso variabile, come rilevato da MutuiOnline: le richieste di mutui a tasso fisso nel trimestre in corso sono state infatti il 91,2% del totale, il dato più alto da 4 anni a questa parte. Le richieste di mutui a tasso variabile invece si sono dimezzate, passando
dal 14,7% del primo trimestre dell’anno a 7,6% del trimestre in corso. A richiederli maggiormente sono i consumatori con maggiore reddito: rispetto al secondo trimestre 2022, il reddito medio dei richiedenti è aumentato di quasi 450 euro, da 2.761 a 2.315 euro.