I tassi di interesse in Europa di quanto potranno aumentare? È forte l’attesa per la riunione della Bce in programma oggi, dalla quale potrebbe arrivare un aumento di 25 o 50 punti base. Ieri, la Fed ha confermato le aspettative di osservatori ed analisti e ha optato per un rialzo del costo del denaro di altri 25 punti base, ma ha lasciato intendere che potrebbe arrivare una pausa nel corso delle prossime riunioni.
Oggi, invece, è la volta della Bce. Christine Lagarde, presidente della Banca Centrale europea, ha recentemente sottolineato che c’è ancora molto lavoro da fare. L’intento è quello di portare l’inflazione al target del 2%: per farlo è necessario continuare ad inasprire la politica monetaria. Questa politica ha un impatto immediato sulle tasche delle famiglie e dei consumatori italiani: aumentare il costo del denaro va ad incidere direttamente sui tassi d’interesse di mutui e prestiti. Nel momento in cui le banche dell’Eurozona sono costrette a pagare di più per prendere in prestito del denaro dalla Bce, i maggiori costi andranno a ripercuotersi direttamente sui prestiti e sui finanziamenti a tasso variabile. Potrete seguire con noi la conferenza stampa di Lagarde con traduzione simultanea in italiano con il nostro Speciale Bce, in diretta dalle 14. Gli ospiti del programma, condotto da Aleksandra Georgieva, saranno: Alessandro Tentori (AXA Investment Managers); Angelo Drusiani (Ersel Wealth Management) e Filippo Diodovich (IG).
Bce, la decisione dipende dai dati
Sicuramente a condizionare la decisione della Bce saranno i dati. Karsten Junius, capo economista di Banca J. Safra Sarasin, ha messo in evidenza che nel corso degli ultimi mesi le notizie provenienti dall’area euro sono state decisamente positive. I timori di un inizio di recessione, di un aumento della disoccupazione o di congelare al freddo in casa sono ormai acqua passata. Il tasso di disoccupazione rimane al 6,6% – un minimo pluridecennale – e i posti di lavoro vacanti rimangono elevati, anche se ultimamente sono leggermente diminuiti.
Secondo Junius le ultime notizie sull’inflazione sono state a dir poco contrastanti. Le aspettative di prezzo per i prossimi mesi sono in calo, ma ciò non deve sorprendere, dati il superamento delle strozzature nella produzione e il calo dei prezzi dell’energia. L’aspetto più importante è l’andamento dei salari, che sembrano in forte aumento, rendendo così più probabili tassi di inflazione core più elevati per un periodo di tempo più lungo. Junius spiega che questa potrebbe non essere una sorpresa in un periodo in cui i mercati del lavoro sono rigidi, i redditi reali sono diminuiti e i margini delle imprese sono elevati.
In questo contesto, la Bce avrà bisogno di vedere variazioni mensili dei prezzi più basse prima di rallentare o terminare il ciclo di rialzi dei tassi. Nella seconda metà dell’anno, Junius si aspetta che la Bce riduca le proprie esposizioni obbligazionarie a un ritmo più sostenuto, invece di aumentare ulteriormente i tassi di riferimento.
Sulla stessa lunghezza d’onda c’è Gilles Moëc, group chief economist di AXA Investment Managers, il quale ritiene che la Bce possa procederà con un rialzo di 25 punti percentuali, poiché sembra che l’inflazione di fondo abbia raggiunto un picco (i dati nazionali della scorsa settimana devono essere confermati) e perché Moëc si aspetta che l’indagine sui prestiti bancari e i dati sulle operazioni di credito di marzo evidenzieranno che l’inasprimento monetario sta facendo il suo corso. Tuttavia, si tratta di una scelta a breve termine e Moëc ritiene che un rialzo di 25 punti percentuali dovrà essere accompagnato da alcuni complementi per mantenere i falchi a bordo, ad esempio un chiaro accenno da parte di Christine Lagarde durante il Q&A al fatto che la Bce non ha finito, o eventualmente alcuni segnali di un’accelerazione del quantitative tightening dopo la fine di giugno.
I dati dall’Europa
Katharine Neiss, chief European economist di PGIM Fixed Income, spiega che sono proprio i dati provenienti dall’area euro a far propendere per un rialzo dei tassi di 25 punti base per la riunione di domani. La scorsa settimana il Pil dell’area euro ha registrato un tiepido 0,1%, sostanzialmente in linea con il consensus. Sono anche arrivati i risultati dell’indagine sul credito bancario del primo trimestre, che mostrano i segni del doppio impatto di una politica monetaria più restrittiva sulla domanda di credito e parimenti in termini di diffusione delle fragilità del settore bancario statunitense sull’offerta di credito. Alcuni numeri dell’indagine destano attenzione. Ad esempio, secondo Neiss, la domanda netta di prestiti chiesti dalle imprese è scesa più del previsto e come mai prima d’ora dalla crisi finanziaria globale. Infine, non sono arrivate sorprese sul fronte dell’inflazione. Come previsto, i dati di aprile hanno mostrato un andamento dell’inflazione pressoché laterale. L’inflazione core è rimasta sostanzialmente invariata, anche se si tratta di un miglioramento rispetto alla precedente tendenza al rialzo. L’aspetto forse più significativo è che l’inflazione alimentare ha iniziato a ridursi, segno che l’effetto indiretto dell’aumento dei prezzi dell’energia sta iniziando a diminuire. L’inflazione core potrebbe presto seguirla.
Per soddisfare i membri più falchi del Consiglio direttivo della Bce, Neiss si aspetta l’annuncio di un aumento del ritmo di riduzione del bilancio nella seconda metà di quest’anno. Il reinvestimento flessibile del PEPP (Programma di acquisto per l’emergenza pandemica) dovrebbe rimanere in vigore, con il TPI come misura di sicurezza, per contribuire a porre un limite agli spread italiani.
La Bce condizionata dall’andamento delle condizioni di accesso al credito
Anche lo scenario ipotizzato da Annalisa Piazza, fixed income research analyst MFS Investment Management, prevede un rialzo a maggio e giugno di 25 pb per portare i tassi terminali al 3,5%:
“La nostra ipotesi di lavoro prevede un ulteriore inasprimento delle condizioni di finanziamento (già al livello più rigido dal 2011) e un leggero miglioramento del quadro dell’inflazione di fondo nei prossimi 3-6 mesi. Se questi dati dovessero sorprendere in direzioni diverse e le aspettative di crescita dovessero apparire più rosee di quanto attualmente previsto, rivedremo di conseguenza la nostra previsione di future misure di intervento. Siamo fortemente convinti che le decisioni della Bce siano veramente dipendenti dai dati, con l’avvicinarsi della fine del ciclo di inasprimento dei tassi e considerando che l’impatto delle passate decisioni di politica monetaria devono ancora trasmettersi pienamente all’economia reale”.
Tomasz Wieladek, chief European economist di T. Rowe Price, ritiene che la Bce manterrà comunque un approccio aggressivo rispetto alle altre banche centrali. L’attività nel settore dei servizi nell’area euro continua a rafforzarsi rispetto ai già solidi livelli di crescita. Certo, i dati PMI manifatturieri sono stati più deboli di quanto molti si aspettassero, ma ci sono anche altri elementi che dovrebbero essere presi in considerazione. Ad esempio, ci sono segnali di un allentamento senza precedenti delle catene di approvvigionamento. Il portafoglio ordini del settore manifatturiero è enorme, quindi l’allentamento delle catene di fornitura significa che la produzione industriale può continuare, anche se la domanda di nuovi ordini si riduce. Di conseguenza, l’economia reale sta crescendo in modo robusto e più velocemente di quanto previsto in precedenza.
Secondo Volker Schmidt, senior portfolio manager di Ethenea Independent Investors, probabilmente la Bce effettuerà un nuovo rialzo dei tassi di interesse di 50 punti base. Schmidt prevede però che serviranno altri interventi, perché le previsioni sull’inflazione a nostro parere sono sottodimensionate: per il 2024 Schmidt si aspetta un valore del 4% o superiore.
Schmidt ritiene che sapere quale possa essere la scelta della Bce sui tassi di interesse appare questa volta meno chiaro rispetto alle precedenti riunioni. La banca centrale vuole ancorare le proprie decisioni sui tassi ai dati sull’inflazione e ai dati economici più recenti. L’ultima decisione, a marzo 2023, era arrivata solo pochi giorni dopo il fallimento della Silicon Valley Bank, mentre il Credit Suisse vacillava e sarebbe stato venduto a Ubs solo pochi giorni dopo.
David Zahn, head of European fixed income di Franklin Templeton, crede che la Bce potrebbe aumentare i tassi di 25 punti base in modo poco accomodante, oppure di 50 punti base con un approccio più accomodante in quanto ciò li avvicinerebbe alla fine dei rialzi nei prossimi mesi.
Le implicazioni per i Paesi europei
Ma quali sono le implicazioni per i paesi europei di un eventuale aumento del costo del denaro. Tomasz Wieladek sottolinea come il vecchio divario nord/sud all’interno dello Spazio economico europeo sia tornato in auge. L’inflazione è più alta e gli effetti secondari trasmessi attraverso i salari sono molto più evidenti nei Paesi che attribuiscono un peso maggiore all’inflazione. Per citarne alcuni, Germania, Austria, Paesi Bassi e Paesi baltici.
D’altra parte, l’attività nel settore dei servizi è molto più forte nei Paesi che danno maggior peso alla produzione nella politica monetaria, come l’Italia o la Spagna.
Wieladek ritiene che i dati continuano a sostenere le preferenze individuali dei singoli Paesi, rendendo il consensus su un percorso di politica monetaria da falco sostenibile fino alla seconda metà di quest’anno.